Teulada, Capo Frasca, Salto di Quirra, per molti saranno dei luoghi come tanti altri, ma per altri evocano le cicatrici di una guerra che dura da decenni. 

La Sardegna è oggi l’area più militarizzata d’Italia con oltre il 60% del demanio militare nazionale si trova sull’isola, la regione ospita poligoni e basi tra i più estesi e operativi d’Europa. Ogni anno si sparano centinaia di migliaia tra proiettili e missili, spesso nell’ambito di esercitazioni congiunte con forze NATO.

I poligoni militari coprono decine di migliaia di ettari, il solo quello di Quirra si estende per oltre 134 km², mentre Capo Teulada, comprende circa 7.200 ettari tra terra e mare.

Questo, oltre a intaccare le bellezze naturali dell’isola, crea non pochi disagi ad attività come agricoltura, pesca e pastorizia, che rappresentano un’importante fetta dell’economia sarda.

Le indagini guidate dal magistrato Domenico Fiordalisi hanno portato alla luce la possibile correlazione tra le attività dei poligoni e l’insorgere di tumori, leucemie e malformazioni genetiche.

A preoccupare è la presenza di torio radioattivo nei missili usati durante le esercitazioni. Sebbene molte delle inchieste giudiziarie si siano concluse con un niente di fatto il sospetto rimane, soprattutto tra gli abitanti delle zone limitrofe che denunciano da anni le conseguenze sanitarie dell’esposizione delle sostanze provenienti dalle attività militari.

Ma le istituzioni vanno avanti, e la Sardegna non è da meno, la società civile sarda ha alzato la voce con forza, nel giugno 2023 circa 1.000 manifestanti si radunarono a Cagliari per dire “No” alle esercitazioni NATO, reclamando la smilitarizzazione dell’isola.

Una mobilitazione costante che attraversa le generazioni, dalla storica Rivolta di Pratobello del 1969 fino alle recenti iniziative del comitato “A Foras”.

Nel giugno 2024 il Consiglio Regionale della Sardegna ha approvato una mozione che chiede la progressiva disattivazione delle basi, la bonifica dei territori contaminati e un piano di riconversione civile. La risposta del governo, però, è stata netta, i poligoni “non si toccano”, considerati asset strategici in un contesto geopolitico internazionale instabile.