La legge Calderoli divide l’Italia, più poteri alle Regioni ma aumentano le tensioni con quelle a statuto speciale e il meridione.

Nata come strumento per valorizzare le specificità locali, l’autonomia differenziata, rischia di accentuare le fratture tra Nord e Sud. A opporsi con forza è la Sardegna, che ha intrapreso un vero e proprio braccio di ferro con il governo Meloni.

La questione ruota attorno all’articolo 116, comma 3,della Costituzione, che consente alle Regioni a statuto ordinario di ottenere maggiori competenze in ambiti cruciali come sanità, scuola, trasporti, energia e ambiente.

La Sardegna fa muro, ha ritenuto la riforma incostituzionale perché non tiene conto delle prerogative previste dal proprio statuto autonomo. A giugno 2024 la giunta regionale, guidata dalla presidente Alessandra Todde, ha impugnato la legge davanti alla Corte costituzionale, unendosi a: Campania, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana. Il Consiglio regionale sardo ha approvato la richiesta di referendum abrogativo totale o parziale della norma, denunciando il rischio di “una riforma che ci indebolisce, togliendoci risorse essenziali”.

Il 20 gennaio 2025 è arrivata la doccia fredda, il referendum è stato dichiarato inammissibile. La Consulta ha motivato la decisione con la mancanza di chiarezza a causa della sentenza precedente che aveva già modificato la legge.

Il principio è semplice, ogni Regione può negoziare con lo Stato un'intesa per ottenere maggiore autonomia in alcune materie, a patto che siano definiti prima i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) che devono garantire diritti minimi uguali in tutto il Paese. In teoria, più efficienza e potere decisionale locale, in pratica, il timore una scissione tra ricchi e poveri dove le Regioni con più risorse potranno offrire servizi pubblici migliori, mentre le altre resteranno indietro.

Ed è questo che teme l’isola “Non accetteremo mai una riforma che crea cittadini di serie A e serie B,” ha dichiarato Todde. I sindacati hanno sostenuto la protesta, oltre 30mila firme raccolte sull’isola per la campagna referendaria nazionale promossa dalla CGIL.

L’autonomia differenziata, dunque, resta in bilico tra bene e male, da un lato, chi la sostiene la presenta come una modernizzazione dello Stato; dall’altro, le Regioni meridionali e a statuto speciale la vedono come un colpo all’equità sociale.