Non solo armi da guerra, esplosivi e tecniche paramilitari. A rendere ancora più critico il quadro a carico degli undici indagati per l’assalto ai furgoni portavalori avvenuto lo scorso 28 marzo sulla SS1 Aurelia, nel comune di San Vincenzo, sono anche i tentativi di depistaggio tramite alibi accuratamente costruiti: partecipazioni a fiere agricole e simulati acquisti di macchinari in Emilia-Romagna.

Sono questi alcuni degli elementi su cui si fondano le misure cautelari in carcere, eseguite dai Carabinieri tra Nuoro, Pisa e Bologna, su disposizione del GIP di Livorno su richiesta della Procura. Secondo gli inquirenti, il gruppo sarebbe in grado di commettere nuovi reati con l’uso di armi ed esplosivi e avrebbe dimostrato una capacità organizzativa strutturata.

Armi, esplosivi e una pianificazione prolungata

L’azione, secondo la ricostruzione degli investigatori, è stata condotta con armi da guerra, esplosivi e un’organizzazione militare, avvalendosi anche di telefonini “burner”, utilizzati solo nei giorni immediatamente precedenti al colpo e poi distrutti.

Durante le perquisizioni, tra le ceneri ancora calde di un fuoco, sono stati infatti ritrovati resti di un telefono identico a quelli usati per le comunicazioni del commando.

Partenze scaglionate e falsi alibi

Il gruppo avrebbe agito in modo coordinato, partendo dalla Sardegna in momenti diversi, attraverso porti differenti, e rientrando con lo stesso metodo per confondere eventuali controlli. A questo si aggiunge la costruzione di alibi fasulli, poi smentiti dalle indagini: tra questi, la presenza a una fiera in Umbria o la simulazione di un acquisto di attrezzature agricole in Emilia-Romagna.

Elementi che secondo il GIP testimoniano non solo l’intento di eludere le indagini, ma anche un’accurata premeditazione dell’azione criminosa, supportata da sopralluoghi, viaggi programmati, furti mirati di veicoli e targhe, e appoggi logistici sul territorio.

Base logistica e distruzione delle prove

Uno degli arrestati, residente nell’entroterra pisano, avrebbe messo a disposizione rifugi e nascondigli per i mezzi usati nel colpo e per i membri del gruppo, fornendo ospitalità e contribuendo attivamente alla distruzione di elementi probatori, come i telefoni.

Rischio di reiterazione e precedenti

Secondo il giudice, vi è un concreto pericolo di reiterazione di reati analoghi, anche in virtù del fatto che alcuni degli indagati risultano avere precedenti specifici per detenzione di armi, esplosivi e rapine. Inoltre, la disponibilità di un arsenale e l’efficienza dimostrata nella preparazione del colpo confermano la necessità della misura restrittiva.

L’operazione, denominata “Drago”, è stata condotta dal Nucleo Investigativo di Livorno e dai reparti speciali dell’Arma, con il coordinamento della Procura labronica. Le indagini proseguono.