Su ordine della Procura della Repubblica di Livorno, i Carabinieri del Comando Provinciale labronico, con il supporto dell’Arma territoriale competente e dei reparti speciali dell’Arma – R.O.S., GIS, 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”, Squadroni Eliportati “Cacciatori” di Sardegna e Sicilia, SOS dei Battaglioni Toscana e Sardegna, Nuclei Elicotteri di Pisa ed Elmas e Nucleo Cinofili di Firenze – hanno dato esecuzione, nelle prime ore del mattino, a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 persone.

I destinatari del provvedimento, eseguito tra le province di Nuoro, Pisa e Bologna, sono ritenuti responsabili, a vario titolo e in concorso tra loro, di rapina pluriaggravata, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da guerra, esplosivo, armi comuni da sparo, furto pluriaggravato e ricettazione.

L’indagine “Drago”

L’ordinanza cautelare è frutto dell’indagine denominata “Drago”, avviata dopo l’assalto armato a due furgoni portavalori avvenuto il 28 marzo 2025 sulla SS1 Aurelia, nel comune di San Vincenzo (Livorno). Il colpo, condotto da un commando armato e travisato con accento sardo, fruttò circa 3 milioni di euro.

I rapinatori fuggirono a bordo di due SUV Volvo – risultati rubati nel settembre 2024 e dotati di targhe anch’esse rubate – e un terzo veicolo rapinato nell’immediatezza, insieme alle armi in dotazione a tre guardie giurate.

Le indagini

L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Livorno e coordinata dalla Procura, si è sviluppata tramite intercettazioni, osservazione diretta e l’analisi di centinaia di telecamere di videosorveglianza pubblica e privata.

Gli indagati – tutti sardi, tra i 33 e i 54 anni di originari di Ottana, Jerzu, Orotelli, Bari Sardo, Ollolai, Villagrande Strisaili, Girasole, Irgoli; Olzai, Ozieri e Arzana - risultano prevalentemente allevatori e coltivatori diretti, molti dei quali con esperienza in rapine e nell’uso di armi da guerra.

La banda si era organizzata per mesi, pianificando alibi, viaggi e furti mirati: due dei mezzi impiegati nell’assalto risultano rubati a Siena nell’ottobre 2024 e vennero utilizzati per bloccare il traffico e incendiati durante l’azione.

I carabinieri hanno ricostruito con precisione i movimenti del gruppo attraverso diverse regioni italiane: Toscana, Emilia-Romagna, Lazio, Umbria e Sardegna. Le tre auto usate nella fuga sono state recuperate in pochi giorni in zone impervie della provincia pisana.

I riscontri tecnici

Determinanti si sono rivelati i contributi dei reparti scientifici. Il RIS di Cagliari ha effettuato l’analisi STUB su due indagati, mentre nelle pertinenze di un altro soggetto sono stati recuperati elementi chiave. In particolare, tra le ceneri ancora calde di un falò, è stato rinvenuto il resto di un telefono “burner”, identico a quelli utilizzati dai rapinatori per coordinare l’azione senza lasciare tracce digitali. Le indagini tecniche sono state delegate al RIS di Roma.

I dettagli del piano

Le investigazioni hanno permesso di accertare che gli indagati erano partiti dalla Sardegna in modo scaglionato, sbarcando in porti differenti e rientrando sull’isola dopo la rapina, sempre in porti diversi. Uno dei membri svolgeva la funzione di “palo”, restando per oltre 3 ore in auto vicino alla rotonda d’accesso all’Aurelia e chiamando il gruppo nel momento esatto in cui i portavalori partivano. Il più anziano tra gli arrestati, da tempo residente nell’entroterra pisano, ha fornito ospitalità e supporto logistico, nascondendo i mezzi usati nel colpo e cercando di cancellare le prove, tra cui bruciando telefoni cellulari.

Le motivazioni delle misure cautelari

Le esigenze cautelari sono state motivate dal rischio concreto che gli indagati possano commettere nuovi reati, anche con armi ed esplosivi, dato il possesso dimostrato di un arsenale diversificato. La banda sia dotata di una non comune capacità organizzativa, comprovata dalla lunga pianificazione del colpo, dai sopralluoghi, dai veicoli rubati e dall’uso di comunicazioni criptate. E ancora: gli alibi messi in atto, come partecipazioni a fiere agricole in Umbria o acquisti di macchinari in Emilia-Romagna, siano risultati deliberatamente falsi, smentiti dalle indagini. Alcuni indagati presentino precedenti penali per rapina, detenzione di armi ed esplosivi.