Dopo le due sentenze della Corte costituzionale sul caso della decadenza della presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, il Collegio regionale di garanzia elettorale (rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Fercia che era stato revocato ma ancora in carica sino alla nomina del sostituto) ha depositato oggi nella cancelleria della Corte d'appello di Cagliari un atto di integrazione alle difese rappresentate con la comparsa di costituzione e risposta e contestuale appello incidentale condizionato già depositato lo scorso 28 luglio.

"Il Collegio di garanzia - spiega il legale - ha inteso escludere che la Consulta abbia statuito alcunché di dirimente sull'ipotesi di decadenza della Presidente Todde, che non è stata ancora pronunciata da alcun organo. Specificatamente, ha sottolineato come la Corte costituzionale abbia annullato l'ordinanza-ingiunzione nella parte in cui ha erroneamente ritenuto che le violazioni accertate, definite 'gravi' dalla sentenza n.148, fossero riconducibili al comma 7 dell'art.15 della legge (statale) n.515 del 1993, l'unica applicabile, ma nella sua interezza, ai sensi dell'art.22 della nostra legge statutaria n.1 del 2013: il che coincide sostanzialmente - precisa l'avv. Fercia - con la decisione del Tribunale di Cagliari che, escludendo (come pure ha fatto la Consulta) l'applicabilità del comma 7, ha riqualificato il fatto storico esattamente contestato dal Collegio di garanzia riconducendolo non già al comma 7, ma al comma 8 dell'art. 15 in parola, in adesione alla giurisprudenza della Cassazione (sentenza n. 9587 del 2017) che equipara al mancato deposito in senso materiale il deposito di atti che rendano impossibile il controllo delle spese elettorali individuali del candidato".

"Non a caso, con le due sentenze - prosegue il legale - la Corte costituzionale non solo ha dichiarato inammissibile il ricorso della Regione contro la sentenza del Tribunale, ma ha altresì evidenziato come il giudice naturale precostituito per legge, cioè il giudice ordinario, abbia sul punto il potere-dovere di riqualificare in diritto il fatto oggetto di contestazione. La Consulta ha così avallato la prospettazione, peraltro già dedotta dalla Presidente nel suo ricorso introduttivo, per cui il processo in corso è un giudizio elettorale nel quale la legge accorda al Collegio giudicante la cognizione sul rapporto estesa al merito della condotta contestata e sottoposta alla sua valutazione. In altre parole, il giudice ordinario con la sua sentenza si sostituisce all'organo amministrativo, sicché il Tribunale ne ha novato la decisione, riqualificando come rapportabile al comma 8 la violazione erroneamente rapportata dal Collegio al comma 7, unica ragione che ha implicato l'annullamento parziale disposto dalla Corte costituzionale. Sarà dunque, alla luce di quanto ha statuito la Consulta, il giudicato civile a stabilire la qualificazione delle 'gravi' violazioni accertate nell'ambito delle due ipotesi legali di decadenza. Sarà infine la legge n.515, come interpretata dal giudicato civile, e solo essa, a vincolare il Consiglio regionale all'adempimento dei propri doveri d'ufficio, che la Consulta riconduce espressamente all'adozione di un futuro provvedimento amministrativo".