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Nel cuore di Cagliari, tra i vicoli del quartiere Castello, si erge maestosa la Torre dell’Elefante. Questa rappresenta un frammento vivo di storia, una delle testimonianze più autentiche del passato medievale della città. Venne costruita nel 1307 per volere dei consoli pisani Giovanni De Vecchi e Giovanni Cinquini, quando la Repubblica di Pisa dominava sull'isola.
La struttura fu realizzata in appena un anno dall’architetto sardo Giovanni Capula, già autore della Torre di San Pancrazio. Alta circa trenta metri e costruita in pietra calcarea bianca, proveniente dalle cave locali, la torre incarna perfettamente l’eleganza austera dell’architettura pisana.
Fu pensata per avere una doppia funzione: difendere la città dagli attacchi provenienti dal mare e controllare l’accesso meridionale al Castello. Tre lati sono completamente chiusi, imponenti e spogli; il lato rivolto verso l’interno della cittadella, invece, è aperto, con ballatoi in legno e mensole aggettanti in pietra. In alto, su uno spigolo, un piccolo elefante scolpito nel calcare veglia ancora oggi sulla città, e da il nome alla torre.
Nel corso dei secoli ha cambiato volto e funzione. È stata prigione, deposito, polveriera. In epoca spagnola, le sue porte mostrarono i resti dei prigionieri giustiziati come ammonimento ai passanti. Bombardamenti inglesi e francesi, nel corso del Settecento, ne danneggiarono parte della struttura, ma non riuscirono a spezzarne l’integrità. Fu restaurata all'inizio del Novecento dall'architetto Dionigi Scano, che ne restituì l’aspetto originario rimuovendo le modifiche stratificatesi nel tempo.
Oggi la Torre dell’Elefante è aperta al pubblico, sebbene soggetta a periodiche chiusure per lavori di manutenzione e messa in sicurezza. Resta comunque uno dei simboli più riconoscibili e amati della città. Salire i suoi gradini significa compiere un viaggio indietro nei secoli, toccare con mano la pietra della storia.