Ha lottato per quasi tre mesi in un letto d’ospedale, ma alla fine non ce l’ha fatta. Nadia Khaidar, cinquantenne cittadina marocchina, è morta dopo essere stata massacrata di botte e accoltellata dal suo ex compagno lo scorso 27 luglio a Bologna. La donna, che lavorava come addetta alle pulizie in un hotel del centro, era ricoverata da allora all’ospedale Santa Viola, dove sabato 18 ottobre il suo cuore ha smesso di battere. Il suo ex, Redouane Ennakhali, 44 anni, connazionale e già noto alle forze dell’ordine, era stato arrestato subito dopo l’aggressione con l’accusa di tentato omicidio. Ora dovrà rispondere di omicidio volontario.

Quel giorno, in via del Cossa, nel quartiere Santa Viola, l’uomo l’aveva attesa sotto casa. La 50enne stava rientrando dopo il lavoro quando, poco prima di arrivare a destinazione, la sua auto era stata speronata da quella di Ennakhali. L’aggressore l’aveva poi inseguita fin dentro l’abitazione che Nadia condivideva con la cugina e la nipote, dove si era consumata la violenta aggressione: pugni, calci e fendenti che avevano ridotto la donna in fin di vita. A dare l’allarme erano stati i vicini, richiamati dalle urla disperate provenienti dall’appartamento. I carabinieri del Radiomobile erano intervenuti in pochi minuti, trovando Nadia riversa a terra in una pozza di sangue e arrestando l’uomo, che non aveva opposto resistenza.

Le condizioni della donna erano apparse subito gravissime. Ricoverata inizialmente al reparto di rianimazione dell’ospedale Maggiore, era stata poi trasferita a Santa Viola dopo un leggero miglioramento. Ma le ferite, fisiche e interne, erano troppo profonde: il quadro clinico è progressivamente peggiorato fino al decesso, avvenuto il 18 ottobre.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la vittima aveva deciso di troncare definitivamente la relazione, ma il 44enne non si era rassegnato. Aveva continuato a seguirla, a raccogliere informazioni su di lei e, quando aveva scoperto il nuovo indirizzo, aveva iniziato a pedinarla e a presentarsi nei pressi dell’abitazione. Un’ossessione culminata in quella tragica serata di luglio, che ora si è trasformata in un femminicidio.