Dal 1° giugno 2025, Giovanni Brusca, noto esponente di Cosa Nostra e responsabile di numerosi crimini, è formalmente un uomo libero. Dopo aver scontato 25 anni di carcere e quattro anni di libertà vigilata, Brusca ha concluso il suo percorso giudiziario. Attualmente vive sotto protezione in una località segreta, lontano dalla Sicilia, con una nuova identità.

Una scia di sangue

Brusca è tristemente noto per aver azionato il telecomando che, il 23 maggio 1992, fece esplodere l'autostrada nei pressi di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Oltre a questo, è stato coinvolto in oltre un centinaio di omicidi, tra cui quello del giovane Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, rapito, tenuto prigioniero per 779 giorni e infine ucciso e sciolto nell'acido nel 1996.

Arrestato nel 1996, Brusca ha successivamente deciso di collaborare con la giustizia, fornendo informazioni cruciali sulle attività di Cosa Nostra. Questa collaborazione gli ha permesso di ottenere benefici penitenziari, tra cui la riduzione della pena e l'inclusione nel programma di protezione dei testimoni.

La sua liberazione ha suscitato reazioni contrastanti. Maria Falcone, sorella del giudice assassinato, ha espresso amarezza, sottolineando che, sebbene la legge che ha permesso la scarcerazione sia stata voluta da suo fratello, ciò non attenua il dolore per la perdita subita.

Montanaro: "Questa non è giustizia"

Lo sfogo di Tina Montinaro, vedova del capo scorta di Giovanni Falcone, interpellata da Adnkronos: "Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime della strage di Capaci e di tutte le altre vittime. Lo so che è stata applicata la legge ma è come se non fosse mai successo niente...".

"Sì, è vero, ha iniziato a collaborare con la giustizia- prosegue - ma non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali. Non sono diventate persone per bene E noi familiari delle vittime in questo modo non ci sentiamo rispettati".