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Sono tutti lì, uno accanto all’altro, seduti a bordo del volo Air India diretto a Londra. Un selfie scattato appena prima del decollo. Un padre che sorride fiero, una madre felice, e tre bambini emozionati. Un’immagine piena di vita, che oggi resta come l’ultimo ricordo di una famiglia spezzata.
Si chiamavano Pratik Joshi e Komi Vyas, erano entrambi medici, genitori di Nakul, Pradyut e della piccola Miraya. Sognavano una nuova vita insieme nel Regno Unito. Avevano deciso di trasferirsi definitivamente a Londra, dove Pratik lavorava già da tempo, per dare un futuro migliore ai figli. Ieri, quel viaggio si è trasformato in una tragedia immane: il volo AI171 si è schiantato poco dopo il decollo da Ahmedabad. A bordo c’erano 242 persone. Solo una è sopravvissuta.
Il selfie, pubblicato sui social poco prima dell’incidente, è ora diventato il simbolo di questa catastrofe. Non una semplice immagine, ma una finestra aperta su una famiglia piena di speranze. Sui volti dei bambini si legge l’entusiasmo per il viaggio, sui volti dei genitori la gioia del ricongiungimento, la pace di chi sente di aver raggiunto un traguardo. E invece era solo l’inizio di un incubo.
Il Boeing 787, decollato alle 10:42 del mattino ora locale, ha perso quota pochi secondi dopo essersi sollevato dalla pista, impattando violentemente su un’area residenziale. Le autorità hanno parlato di un guasto improvviso ai motori, ma le indagini sono ancora in corso. Le scatole nere sono state recuperate. Il bilancio è devastante: 241 vittime, tra cui anche civili a terra.
La storia dei Joshi è solo una delle tante, ma è quella che oggi commuove il mondo. Il dottor Joshi era stimato dalla comunità medica londinese. Komi aveva lasciato il proprio lavoro per seguire il sogno familiare. I tre bambini, curiosi e pieni di vita, avrebbero iniziato la scuola in Inghilterra dopo l’estate.
“Un solo clic per fermare un istante di felicità. E adesso quell’istante parla per sempre”, ha scritto un utente su X, dove la foto è stata ricondivisa migliaia di volte.
Ora quel sorriso, congelato in uno scatto, pesa come un macigno. È diventato memoria, lutto, dolore collettivo. Ma anche testimonianza di quanto fragile sia la felicità e quanto prezioso sia ogni momento.