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Partita IVA all’estero: cosa succede se si lavora in Italia

Professionisti e imprese: quali sono le differenze

Partita IVA all’estero: cosa succede se si lavora in Italia

Di: Redazione


Nel corso degli ultimi tre lustri, un numero crescente di italiani ha pensato di aprire una partita IVA all’estero. Un fenomeno trasversale a tutti i settori economici ed industriali del nostro paese, i cui motivi sono abbastanza noti. Come è facilmente immaginabile, l'interesse nei confronti della possibilità di aprire una partita IVA in un Paese straniero deriva dal desiderio di pagare meno tasse, sebbene in diversi casi – come precisato su regime-forfettario.it, portale tra i più autorevoli in materia – anche in Italia esiste la possibilità di abbattere la pressione fiscale.

Aprire una partita iva all’estero lavorando in Italia è assolutamente legale, in quanto il nostro ordinamento non prevede alcun elemento ostativo a tal proposito. Tuttavia, devono essere valutati alcuni aspetti che, in alcuni casi, non vengono presi adeguatamente in considerazione. Ad esempio, se si opera nel nostro territorio con una partita IVA estera, si è soggetti al pagamento delle imposte sia in Italia che all’estero, in quanto si rientra a pieno titolo nella cosiddetta “stabile organizzazione”.

Professionisti e imprese: quali sono le differenze

Esistono, però, alcune differenze tra  professionista e impresa con partita IVA estera. Nel caso del professionista non residente, è necessario verificare se esistono degli accordi tra l’Italia e il paese di residenza in materia di “doppia imposizione”; qualora fossero presenti, il soggetto è tenuto a pagare la tassazione (ritenuta fiscale del 30%) solo nel nostro paese, in quanto è il luogo dove svolge la propria professione.

Al professionista, tuttavia, spetta il compito di dimostrare quant’è l’ammontare complessivo dei suoi redditi derivanti dalla base fissa italiana. Nel caso in cui, invece, il professionista dimostra di svolgere solo occasionalmente la propria professione in Italia, fermo restando l’obbligatorietà degli accordi bilaterali col paese residente in materia di “doppia imposizione fiscale”, sarà tenuto a pagare soltanto nella nazione estera dove risiede.

Per quanto concerne il lato imprese, è utile sapere che qualunque azienda è soggetta alla doppia tassazione. In base a quanto previsto dal legislatore, un’azienda estera che ha una stabile organizzazione nel nostro paese deve pagare le imposte sia in Italia (per quanto concerne il reddito percepito nei nostri confini nazionali) che all’estero (per il reddito prodotto altrove).

Professionisti ed imprese, tuttavia, sono soggette a determinati controlli volti ad evitare che possano materializzarsi problematiche come l’esterovestizione e la stabile organizzazione occulta, che possono configurarsi, ad esempio, nel caso in cui un’impresa abbia solo una sede straniera ma venga gestita effettivamente in Italia.

I rischi che si corre ad aprire una partita iva all’estero vivendo in Italia

In base a quanto previsto dalle normative internazionali e italiane, la sede fiscale di una società o di un professioniste è stabilita nel luogo in cui adempie a tutti i compiti amministrativi e conclude effettivamente i contratti. Qualora si aprisse una partita iva estera, è indispensabile darne tempestiva comunicazione all’Amministrazione finanziaria italiana, onde evitare di poter ricadere nei summenzionati problemi riguardanti l’esterovestizione e la stabile organizzazione occulta.

Casistiche, queste ultime, che possono portare all’accusa di evasione fiscale, con sanzioni - qualora fossero riscontrate le irregolarità - che variano da un minimo del 120% ad un massimo del 240% dell’imposta dovuta e non versata. Oltre ad eventuali sanzioni pecuniarie, un professionista che apre una partita iva all’estero e vuol vivere stabilmente in Italia, si assume ulteriori rischi.

La responsabilità del pagamento di sanzioni, imposte e interessi è illimitata. E nel caso di un professionista o imprenditore individuale, si potrebbe essere chiamati a rispondere delle sanzioni anche col proprio patrimonio personale, andando a colpire, eventualmente, anche i beni posseduti al di fuori del territorio italiano. Per questo motivo, è altamente sconsigliata l’apertura di una partita iva all’estero risiedendo stabilmente in Italia.

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