La miniera di Sos Enattos, a Lula, si porta dietro una storia millenaria, risalente addirittura al Neolitico recente. In antichità fu sfruttata per l’estrazione della steatite, lavorata per realizzare oggetti artistici, tra cui statuette della Dea Madre. Al suo interno vi sono inoltre pozzi e gallerie di epoca romana. I resti dell’insediamento sono rimasti intatti fino al 1960. A partire dal XIX secolo gli scavi si concentrarono su vena piombo-zincifera e galena argentifera, poi anche sulla blenda, di cui il territorio era ricchissimo. Nel Novecento la miniera lulese è passata attraverso varie società concessionarie, fino al ‘96, quando è stata l’ultimo bacino metallifero del Nuorese a chiudere l’attività. Oggi fa parte del parco Geominerario della Sardegna, patrocinato dall’Unesco.

Di recente Sos Enattos è salita agli onori di cronaca per la sua candidatura a sede dell’Einstein Telescope, il cui progetto prevede la costruzione di un gigantesco interferometro sotterraneo triangolare per la ricerca delle onde gravitazionali. E' divenuta oggetto di discussione politica e di grande interesse generale, viste anche le candidature di Germania, Belgio e Olanda. L’area intorno alla miniera è stata individuata come sito ideale per ospitare l’osservatorio, grazie al basso rumore sismico, alla scarsa antropizzazione e alle sue caratteristiche geologiche. Sos Enattos è già oggi un luogo di scienza: dal 2019 ospita, infatti, il laboratorio SAR-GRAV con l’esperimento Archimedes.

Finanziato dalla Regione Sardegna, il laboratorio è nato nell’ambito di un accordo di programma tra la Regione Sardegna e l’Università di Sassari, l’INFN, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’Università di Cagliari e l’IGEA spa, la società che gestisce la miniera. 

IL SITO IDEALE

Il progetto dell’Einstein Telescope nacque circa 15 anni fa. Come raccontato dal professor Fulvio Ricci, docente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e uno degli artefici del programma, le ipotesi “italiane” emerse nell’ambito della prima ricognizione furono il Gran Sasso, che già ospitava i laboratori sotterranei dell’INFN, e un sito in Sicilia, non lontano da Agrigento, nei pressi di una miniera di sale. Troppe però le criticità in entrambi i siti, principalmente di natura sismica, oltre che geologica. A fine 2009, ispirato dalla precedente intuizione di un collega, Ricci iniziò a prestare interesse alla Sardegna, terra notoriamente poco sismica, approfondendo così lo studio delle mappe sarde e concentrando particolare attenzione alle aree intorno alle miniere dimesse.

Dopo svariati tentativi di arrivare ai gestori di queste, Ricci è riuscito a contattare il responsabile di Sos Enattos, Gianluca Loddo. Dopo un approccio inizialmente diffidente alla proposta, i due si incontrarono e successivamente il docente ricevette il primo nulla osta per la realizzazione di alcune misure preliminari sul sito. Bastarono tre giorni di raccolta dati per chiarire le qualità di quell'area, che per caratteristiche si prestava perfettamente a un esperimento di quel tipo. Una serie di altre operazioni di monitoraggio confermarono le prime sensazioni, e così l’area di Sos Enattos è divenuta col tempo una delle poche accreditate per ospitare l’osservatorio, insieme all’Euregio Mosa-Reno, che abbraccia appunto i territori di Belgio, Olanda e Germania.

PROGRESSO SCIENTIFICO

Quello dell’ET è un progetto ambizioso e rivoluzionario nel campo delle onde gravitazionali. Sarà infatti in grado di osservare un volume di universo almeno mille volte maggiore rispetto agli attuali strumenti di seconda generazione, gli interferometri LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia. Nel dettaglio, prevede la costruzione di una grande infrastruttura sotterranea capace di ospitare un rivelatore di onde gravitazionali tra i 100 e i 300 metri di profondità così da preservarlo in condizioni di “silenzio”, isolandolo dalle vibrazioni prodotte sia dalle onde sismiche, sia dalle attività umane. L’interferometro andrà a caccia di onde e increspature dello spaziotempo che si propagano alla velocità della luce, generate da “cataclismi cosmici”, come l’esplosione di supernovae o lo scontro tra buchi neri o stelle a neutroni. 

La missione primaria dell’ET è dunque di carattere scientifico, al fine di studiare la storia dell’universo e ripercorrerla a ritroso nel tempo, per capirne origine ed evoluzione, chiarirne ipotesi e processi, rivelare fenomeni attesi ma ancora mai osservati, come le sopracitate emissioni continue da stelle di neutroni e le esplosioni di supernovae, e la misura del fondo cosmologico o astrofisico di onde gravitazionali. Gli scienziati di tutto il mondo guardano con attenzione e curiosità a questo progetto, inserito nella lista delle grandi infrastrutture di ricerca sulle quali l’Europa ha deciso di puntare nel prossimo futuro, in attesa di capire se il centro vitale di esso vedrà la luce nel piccolo centro al confine fra la Barbagia e la Baronia o se a spuntarla sarà invece l’area nord-europea ad ovest del fiume Reno.

BERNINI A LULA: "SOS ENATTOS CULLA MIGLIORE PER L'EINSTEIN TELESCOPE"