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Un bigliettino dimenticato a terra, con scritti due numeri di telefono, ritrovato accanto ai resti di un telefono bruciato in una zona boschiva, vicino a una delle auto rubate utilizzate nell’assalto. È questo il dettaglio rivelatosi decisivo nelle indagini che hanno portato agli 11 arresti per la rapina ai due furgoni portavalori avvenuta il 28 marzo scorso sulla statale Aurelia, nel comune di San Vincenzo (Livorno).
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, quei due numeri hanno permesso di risalire ai telefoni utilizzati dalla banda per coordinare il colpo, rivelando una rete di contatti attivi da mesi, fondamentale per la pianificazione dell’assalto. VIDEO IN BASSO
Dalla Sardegna al continente: l’indagine
Gli arrestati hanno un’età compresa tra i 33 e i 54 anni e dediti in gran parte ad attività di allevamento e agricoltura. Nove di loro sono stati arrestati nella provincia di Nuoro, uno nella provincia di Pisa – considerato un punto di riferimento logistico per il gruppo – e uno a Bologna, dove si trovava di rientro dopo aver assistito al Gran Premio di Imola.
Un contributo determinante è arrivato anche dalla collaborazione dei cittadini, che hanno fornito filmati utili a identificare il commando e a riconoscere le voci con accento sardo di alcuni componenti. Questi elementi hanno subito orientato l’inchiesta verso la pista sarda.
Questi i destinatari della misura di custodia cautelare: Giovanni Columbu, 40 anni, di Ollolai, Renzo Cherchi, 39 anni, residente a Irgoli, Alberto Mura, 40enne residente a Ottana, Antonio Moni, 46 anni, originario del Nuorese e residente a Castelnuovo Val di Cecina (Pisa), Francesco Palmas, 45enne, di Jerzu, Francesco Rocca, 47 anni, di Orotelli, Franco Piras, 46 anni, residente a Bari Sardo, Marco Sulis, 36 anni, residente a Villagrande Strisaili, Nicola Fois, 33enne, di Girasole, Salvatore Campus, 51enne, di Olzai, 51 anni, e Salvatore Giovanni Antonio Tilocca, 45 anni, nato a Ozieri e residente a Bottidda. Oltre agli arrestati che si trovano ora in carcere c'è un dodicesimo uomo, anche lui sardo, che risulta indagato a piede libero e per il quale il gip ha disposto una perquisizione domiciliare per acquisire eventuali ulteriori elementi a suo carico.
Telefoni “irrintracciabili” e traghetti monitorati
Come ha spiegato il comandante dei Carabinieri di Livorno, colonnello Piercarmine Sica, gli investigatori hanno ricostruito i movimenti dei sospettati anche grazie all’analisi di telecamere di sorveglianza e all’incrocio con i biglietti dei traghetti utilizzati per gli spostamenti tra Sardegna e continente.
I membri del gruppo utilizzavano telefonini Nokia privi di connessione dati, i cosiddetti “burner phone”, ritenuti irrintracciabili. Proprio questi telefoni, impiegati in modo mirato e per un periodo limitato, hanno permesso di ricostruire una rete articolata composta da otto esecutori materiali e tre soggetti con funzioni di supporto e osservazione.
Un bottino da 3 milioni, ma ancora nessuna traccia
Il colpo ha fruttato 3 milioni di euro, ma il bottino non è stato ancora ritrovato. L’ipotesi degli investigatori è che il denaro possa essere stato sepolto nelle vicinanze del luogo dell’assalto, ma le ricerche proseguono.
Durante l’azione furono esplosi numerosi colpi di arma da guerra, ma fortunatamente non ci furono feriti. Alcuni degli arrestati risultano avere precedenti specifici per rapina e detenzione illegale di armi.
Il procuratore: “Non si aspettavano l’indagine”
«In meno di due mesi siamo arrivati a eseguire queste ordinanze di custodia grazie alla collaborazione continua tra procura e carabinieri», ha dichiarato il procuratore capo di Livorno, Maurizio Agnello, sottolineando il lavoro incessante e capillare condotto fin dai primi giorni.
Agnello ha anche evidenziato il ruolo chiave dei cittadini che hanno filmato l’assalto, contribuendo alle indagini «rischiando in prima persona». «Gli arrestati non si aspettavano di essere indagati – ha aggiunto – tanto che li abbiamo trovati ancora in possesso di esplosivi e munizioni». Non è escluso, inoltre, che alcuni dei fermati abbiano partecipato ad altri episodi criminali, su cui sono già stati avviati approfondimenti investigativi.