Tornano le preoccupazioni tra i pastori sardi dopo i primi contratti siglati con gli industriali per l’acconto sul prezzo del latte ovino. A sei anni dalle proteste del 2019, con il latte sversato in segno di contestazione, gli allevatori denunciano una nuova flessione delle quotazioni: gli accordi iniziali segnano infatti una riduzione di 10 centesimi rispetto all’ultima campagna e di 20 centesimi rispetto al 2023-2024.

Attualmente l'acconto sui conferimenti per il Pecorino Romano si aggira sulla parte industriale sull'1,40 euro mentre lo scorso anno, sempre in flessione si è arrivati a 1,50, senza poi conguaglio e quindi si è rimasti su quella cifra – spiega Nenneddu Sanna, uno dei portavoce storici della protesta del febbraio 2019 – quei 10 centesimi in più ci servono perché li utilizziamo per rientrare nei costi di produzione che sono aumentati”.

Nei giorni scorsi i produttori hanno ricevuto una comunicazione dal Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, firmata dal presidente Gianni Maoddi. “Una lettera che può essere anche condivisibile quando si parla di non svendere il prodotto per mantenere un prezzo adeguato sul mercato – aggiunge Sanna – ma quello che a noi produttori interessa, ed è quello che stiamo chiedendo, è un prezzo giusto per il nostro prodotto, il latte. E se non stiamo svendendo le scorte di magazzino di Romano come mai noi ci ritroviamo con 20 centesimi in meno rispetto a 2 anni fa?”.

Intanto, secondo i dati Clal sui prezzi all’ingrosso del Pecorino Romano Dop rilevati a Milano, il prodotto stagionato oltre 8 mesi quota 11,45 euro al chilo, in calo dello 0,9% rispetto a inizio dicembre. A gennaio, però, il prezzo era di 12,25 euro. Sul fronte commerciale, il Consorzio segnala tra gennaio e settembre esportazioni verso gli Stati Uniti per oltre 101mila quintali (+3,7%), un aumento nell’Ue (+2,3%) e una lieve flessione sul mercato nazionale (-1,2%).