L'arte contro le dipendenze: al via il progetto “Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha” – Is Mirrionis / Teatro Senza Quartiere 2025 promosso dal Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda nell'ambito del programma Sardegna | Rovinarsi è un Gioco 2025, con il patrocinio e il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna e il patrocinio del Comune di Cagliarie con il contributo della Fondazione di Sardegna, in collaborazione con il CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, il Comitato Casa del Quartiere Is Mirrionis e Kalaritana Media.

“Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha” – incastonato nel progetto pluriennale Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro 2017-2026 – prevede un ciclo di appuntamenti al TsE di Is Mirrionis a Cagliari (dal 7 al 9 ottobredal 3 al 5 novembre e dal 2 al 4 dicembre, con due matinées alle 9.30 e alle 11.30) rivolti agli adolescentiragazze e ragazzi tra i tredici e i diciassette anni, studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, “nativi digitali” e quindi particolarmente esposti alle insidie legate alla diffusione delle varie forme di gioco online, con la visione di una pièce teatrale a tema seguita da un momento di incontro e confronto con l'autore e interprete e con psicologi ed esperti dei SerD della Sardegna, con l'obbiettivo di innescare una consapevolezza dei pericoli e dei potenziali danni insiti in modelli culturali fuorvianti e nei messaggi contenuti nelle réclames come l'invito a“vincere facile” e il miraggio di una ricchezza a portata di mano, con un “Gratta e Vinci” o un semplice “click”. 

In scena il dramma di un giocatore, con lo spettacolo “GAP / Gioco d'Azzardo Patologico - rovinarsi è un gioco”, scritto, diretto e interpretato dall'attore e regista Stefano Leddaproduzione Teatro del Segno) ispirato a una notizia di cronaca e alle testimonianze delle vittime della dipendenza da gioco d'azzardo e dai loro familiari, con la preziosa consulenza di psicologi ed esperti, che racconta la dolorosa “discesa agli inferi” di un uomo travolto dalla passione per il videopoker, tanto da trascurare il lavoro e gli affetti, caricandosi di debiti e facendo ricorso agli usurai, pur di continuare a giocare, fino a perdere tutto. 

Una moderna tragedia, una storia emblematica che riflette innumerevoli vicende analoghe, in cui il protagonista, dopo aver provato il brivido del rischio e l'inatteso piacere di una vincita, scopre di appartenere alla “percentuale difettosa”, ovvero di essere afflitto da una particolare inclinazione verso quel tipo di disturbo ossessivo compulsivo scientificamente riconosciuto e inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, per cui una volta caduto nella dolorosa spirale del gioco, non riesce più a smettere, neppure davanti alla consapevolezza delle perdite, e anzi  insiste, nell'illusione di “rifarsi”, trascorrendo gran parte delle sue giornate come ipnotizzato di fronte allo schermo di una slot machine, e continuando a inserire i suoi gettoni, nel tentativo di riprodurre quell'iniziale euforia. 

«Lo spettacolo nasce dall’intenzione di mettere una lente di ingrandimento sul fenomeno del gioco d’azzardo tecnologico, mostrando come il “passatempo innocuo” del videopoker possa diventare con facilità dipendenza patologica» – sottolinea Stefano Ledda –. «La pièce prende corpo attraversando un lungo periodo di documentazione e nove mesi di interviste. È dunque una storia reale fatta di nomi, mogli, posti di lavoro, figli, amicizie, quella che si svolge davanti al pubblico in una scena scarna fatta di segni brevi ed essenziali. Segni che non lusingano la poesia, ma si impongono come snodi freddi e reali di una storia-vita, che “accadendo” sul palcoscenico racconta la claustrofobia ciclica della dipendenza».

“GAP / Gioco d'Azzardo Patologico - rovinarsi è un gioco” contiene fin nel titolo il senso di una contraddizione insita nella predisposizione al gioco, che rappresenta in realtà fin dall'infanzia una delle modalità più piacevoli di apprendimento, come insegnano i grandi pedagoghi e che prosegue nell'età adulta, fino alla vecchiaia, come capacità e funzione della mente, che si manifesta nelle competizioni sportive come nei riti conviviali e nei vari giochi di società, in si mettono alla prova le proprie abilità.

Nell'esistenza umana la dimensione ludica è fondamentale, permette di immaginare situazioni e predisporre strategie, di immergersi e immedesimarsi nella trama di un libro o di un film, come di uno spettacolo e soprattutto di divertirsi, nel senso etimologico del termine, sottraendosi alla routine e alla noia per sperimentare – e condividere – nuove emozioni e affascinanti avventure. Nella ricerca del piacere, il gusto per il gioco e in particolare per l'azzardo, può però trasformarsi, quasi inavvertitamente, in una “trappola” in particolare nei momenti di maggiore fragilità – e non è certo un caso che l'attuale situazione di incertezza e precarietà economica favorisca la diffusione del gioco d'azzardo e conseguentemente, l'aumento delle dipendenze, con gravi ricadute sociali.

Viaggio nella mente di un giocatore, tra il gusto sfidare la sorte, l'ebbrezza delle vincite e l'amarezza di fronte a una (probabile) sconfitta, da “riscattare” attraverso nuovi tentativi, con “GAP / Gioco d'Azzardo Patologico - rovinarsi è un gioco” con drammaturgia e regia di Stefano Ledda, anche protagonista sulla scena, con elaborazione video di Andrea Lotta, trucco di Evelina Bassu (tecnico audio e luci Raimondo Marras), una produzione del Teatro del Segnoche si affida alla forza espressiva e comunicativa dei linguaggi della scena per raccontare un fenomeno sempre più diffuso, eppure spesso sottratto allo sguardo, nell'indifferenza o nella distrazione legata allo stress della vita quotidiana, per cui non se ne colgono i segnali se non quando è troppo tardi. 

Una scenografia scarna ed essenziale evoca il bancone e i tavolini di un bar, con le file di slot machines, ma anche la dimensione domestica e apparentemente protetta di una casa, il rifugio di una famiglia unita e serena, e poi altri luoghi più inquietanti e oscuri, dove esplode la violenza o si annida il ricatto degli usurai, che si susseguono come le “stazioni” di una via crucis, un cammino sull'orlo dell'abisso dove  il tranquillo corso di un'esistenza illuminata dall'amore e dagli affetti, alla ricerca di una quieta felicità, improvvisamente muta, si interrompe, cambia direzione sotto l'influenza del “demone” del gioco.

Al centro un uomo solo con i suoi pensieri – e i suoi incubi – ripercorre i momenti significativi della propria storia, in particolare quell'attimo cruciale in cui un semplice gesto, la decisione casuale di inserire una moneta in un videopoker, cambia il corso degli eventi: vincere a volte può essere pericoloso, la sensazione illusoria di essere baciati dalla fortuna, il denaro ottenuto senza fatica ma soprattutto il sottile brivido del rischio, possono produrre una sorta di momentanea esaltazione, una vaga euforia, ma per alcuni, inconsapevoli “predestinati”, complici anche particolari circostanze, indurre una sorta di “assuefazione”. 

Una predisposizione, una fragilità, una particolare attitudine alle dipendenze che potrebbe non essersi mai manifestata in precedenza, come capita a volte per le allergie: il protagonista, un giovane tipografo, con un lavoro sicuro, già fidanzato e in procinto di sposarsi con la donna di cui è profondamente innamorato, scopre all'improvviso questa sua vulnerabilità, ma non sa riconoscerla, non ne ha mai sentito parlare, continua a pensare che in fondo si tratti solo di un “innocente passatempo”, e si lascia quindi travolgere, rovinosamente, dall'interesse per il videopoker. 

Quasi vittima di un incantesimo, ammaliato dalle sequenze e combinazioni di semi e carte, figure e numeri, egli trascorre sempre più tempo davanti a quello schermo, inizia a trascurare le amicizie, la famiglia, il lavoro e intanto le perdite continuano ad aumentare, anche perché nell'assurda convinzione di poter, anzi “dovere”, riuscire a rifarsi, invece di fermarsi continua a giocare, e giocare, e giocare ancora. I debiti, i sotterfugi e le bugie per tentare di nasconderli, insieme a quella che ormai è diventata la sua ossessione, lo portano a isolarsi sempre più, nell'illusione di riuscire a proteggere il suo segreto, fino a distaccarsi dalla realtà. 

La pièce racconta una storia emblematica, ispirata alla cronaca e basata su statistiche e studi scientifici, documenti e interviste, per mettere l'accento sulle insidie nascoste nel gioco d'azzardo e sul fenomeno sempre più diffuso delle dipendenze a fronte del moltiplicarsi di possibilità e modalità con cui tentare la sorte tra Lotto e Superenalotto, i vari Gratta e Vinci, Bingo e lotterie, i vari concorsi come Turista per Sempre, con estrazioni quasi continue, oltre alle tradizionali corse dei cavalli, videopoker o slot machines e un'infinità di giochi online. 

Il protagonista è un individuo assolutamente “normale” e comune, nessun indizio per lui né per gli altri che lo attenda nulla più che un futuro ricco di soddisfazioni professionali e personali, ma una volta innescata la pericolosa spirale, a causa di quella che una volta poteva apparire come una inclinazione al “vizio” e invece è ormai riconosciuta come una vera e propria patologia, una forma di dipendenza “non da sostanze”, in cui il gioco o meglio l'azzardo si rivela non meno temibile di una droga. 

“GAP / Gioco d'Azzardo Patologico - rovinarsi è un gioco” affronta in modo diretto e inequivocabile, senza moralismi o pregiudizi, attraverso l'immediatezza e la potenza espressiva del teatro, un tema scottante e attuali, con gravi ricadute sul tessuto economico e sociale. Nei periodi di crisi e incertezza, di mancanza di prospettive e timori per il futuro il fenomeno della dipendenza da gioco d'azzardo paradossalmente, ma non troppo, si intensifica e come per ogni debolezza, del corpo come dello spirito, chi ne è vittima tende a nascondere o sminuire la gravità della propria malattia, a cominciare da sé e dai suoi familiari. 

Un (anti)eroe moderno si scontra simbolicamente sul palco con i suoi mostri e i suoi fantasmi, la sua è una battaglia in solitario, una vera e propria “discesa agli inferi” durante la quale scopre un mondo parallelo che non conosceva, ma soprattutto è costretto a fare i conti con la propria vulnerabilità: lo spettacolo si inserisce in una lunga tradizione, tra letteratura e cinema, da Fëdor Dostoevskij con “Il giocatore” a Aleksandr Puškin con “La dama di picche”, a films come “Casinò” di Martin Scorsese, “La stangata” di George Roy Hill, con Paul Newman e Robert Redford, fino a “Molly’s Game” di Aaron Sorkin, che indagano i vari aspetti di una inclinazione verso il sottile brivido dell'azzardo, che attraverso le varie epoche si manifesta, in forme differenti, presso tutti i popoli e tutte le culture, e che trasforma il piacere del gioco in una pericolosa, e irresistibile tentazione, con conseguenze imprevedibili (e talvolta tragiche). 

“Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha” – Is Mirrionis / Teatro Senza Quartiere 2025 punta a raggiungere fino a millecento spettatori nell'arco di tre mesi, attraverso il coinvolgimento degli Istituti Scolastici del capoluogo e dell'area metropolitana di Cagliari, con la collaborazione dei docenti e dei dirigenti, e affidandosi alla comunicazione peer to peer per diffondere il messaggio tra gli adolescenti: l'informazione e la sensibilizzazione verso un tema così dolorosamente attuale permetterebbe di fissare una sorta di “tagliafuoco generazionale”, risvegliando il senso critico delle ragazze e dei ragazzi e inducendoli a interessarsi con maggiore consapevolezza a un fenomeno che troppo spesso li riguarda da vicino, a cogliere i primi indizi e sintomi di un malessere. 

Un progetto ambizioso ma necessario per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo patologico – e delle altre ludopatie – attraverso la cultura e il linguaggio simbolico dell'arte: il teatro è uno strumento potente, capace di far emozionare e divertire, ma soprattutto di far riflettere e risvegliare le coscienze. Un rito laico che permette di confrontarsi con propri drammi e le proprie paure, di scardinare i pregiudizi e affrontare questioni delicate e complesse e che si trasforma in esperienza condivisa, spunto per analisi e discussioni nei diversi contesti pubblici e privati, scolastici ma anche familiari e amicali. 

La diffusione delle nuove tecnologie favorisce, paradossalmente ma non troppo, l'isolamento e la tendenza a rinchiudersi in una realtà “virtuale”, sfuggendo al contatto diretto e personale per “nascondersi” dietro uno schermo: si è sempre e perennemente “connessi” con il mondo, sommersi da un costante flusso di informazioni, anche inutili o fuorvianti, attraverso cui è difficile formarsi un'opinione personale, ma di fatto si sperimenta spesso la più profonda solitudine. E purtroppo fenomeni come il bullismo e il cyberbullismo, il body shaming e gli attacchi degli haters dimostrano che è fin troppo facile, attraverso la rete, colpire e ferire specialmente le persone più fragili, con esiti traumatici quando non irreparabili. 

Se la scuola è palestra di vita – uno dei pochi spazi rimasti per il dialogo e la riflessione – è evidente  il suo ruolo strategico nella formazione dei cittadini di domani e la sinergia con il teatro, luogo dell'hic et nunc, dove tutto accade qui e ora e lo spettacolo è il frutto dell'interazione tra artista e pubblico, permette di innescare un circuito virtuoso, per fare delle aule e della platea le moderne agorà, dove si realizza il confronto e si sperimentano i principi della democrazia. 

“Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha”  – Is Mirrionis / Teatro 

Senza Quartiere 2025 rappresenta una sfida, o meglio un punto di partenza nella lotta contro il gioco d'azzardo patologico e le altre ludopatie, ovvero le dipendenze non da sostanze: la chiave di volta è la conoscenza del fenomeno, e quindi la possibilità di difendersi e prevenirne la diffusione, identificando correttamente i segnali (tra cui una certa irrequietezza e irritabilità, per esempio, ma anche l'imbarazzo nell'affrontare il tema, la tendenza a richiudersi in se stessi e ridurre i contatti, l'incapacità di rinunciare anzi la tendenza a incrementare la frequenza e durata delle sessioni e alzare la posta, oltre a eventuali difficoltà nella gestione del denaro). Il progetto scaturisce dalla fiducia nell'intelligenza e nella sensibilità dei giovani, nella convinzione che la comprensione di un meccanismo renda più agevole sfuggirne, e che l'empatia e l'amicizia siano “armi” potentissime per rompere il muro della solitudine, della paura e del silenzio. 

Il progetto “Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha” - IS MIRRIONIS /  TEATRO SENZA QUARTIERE 2025, si inserisce nel progetto pluriennale “Teatro Senza Quartiere/ per un quartiere senza teatro” 2017-2026 a cura del Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda – in collaborazione con la Parrocchia di Sant'Eusebio, con il contributo dell'Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegnae con il contributo della Fondazione di Sardegna. con il patrocinio del Comune di Cagliari.

Il progetto “Gioco d'Azzardo: il Teatro parla con la Generazione Alpha” - IS MIRRIONIS / TEATRO SENZA QUARTIERE 2025 vede in prima fila, accanto al Teatro del Segno, la Casa del Quartiere–Is Mirrionis, La Parrocchia di Sant’Eusebio, il Teatro Tages, l’Accademia Internazionale della Luce, l'Associazione, Cittadinanzattiva Sardegna ODV ETS, l'Associazione Culturale Musicale Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, la Compagnia dei Ragazzini di Cagliari diretta da Monica Zuncheddu, e il CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna e come media partner Kalaritana Media.