Il "ritardo nella reazione" della vittima o "nella manifestazione del dissenso" è "irrilevante" per la "configurazione della violenza sessuale". Lo ribadisce la Cassazione, che ha annullato la doppia assoluzione di un ex sindacalista 48enne, accusato di aver abusato nel 2018 di una hostess durante un incontro di lavoro a Malpensa. La Suprema Corte ha disposto un nuovo processo d’appello, accogliendo il ricorso del sostituto pg di Milano Angelo Renna.

"La giurisprudenza è netta", scrivono i giudici della terza sezione penale, perché la "sorpresa" può essere tale da "superare la contraria volontà" e porre la vittima "nell’impossibilità di difendersi". La decisione smonta il verdetto della Corte d’Appello di Milano che, confermando la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, aveva ritenuto che "30 secondi" fossero un tempo sufficiente "per potersi dileguare".

Secondo la Cassazione, i giudici non hanno considerato "il blocco emotivo o freezing", spiegato dalla "letteratura scientifica", né il contesto: la donna, rimasta "disorientata e sguarnita", teneva ancora in mano la cartellina con i documenti. "Non esiste un modello di vittima", sottolineano i giudici, né si può ignorare che "chi agisce" deve verificare il consenso, anche in caso di "gesto repentino".