PHOTO
A pochi giorni dal 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, arriva un appello urgente da ReLive – Relazioni libere dalle violenze, la rete nazionale che riunisce oltre 40 Centri per uomini autori di violenza (CUAV) in tutta Italia. I Centri, denuncia l’associazione, sono al collasso: gli accessi sono triplicati negli ultimi anni, le liste d’attesa raggiungono ormai 4–6 mesi, gli operatori sono sottoposti a un carico di lavoro insostenibile e cresce il rischio di burnout. Di fronte a questo scenario, il CAM Sardegna, che aderisce a ReLive, conferma pienamente le criticità evidenziate e ribadisce la necessità di un intervento immediato e strutturale da parte delle istituzioni.
Accessi triplicati, risorse insufficienti e norme che aggravano la crisi
La situazione esplode nel 2019, con l’entrata in vigore del Codice Rosso, che vincola la sospensione della pena (inferiore a tre anni) alla partecipazione dei condannati a un percorso obbligatorio presso un CUAV.
Le richieste aumentano in modo esponenziale: al CAM Firenze si passa da 50 a 300 uomini seguiti ogni anno; mentre i finanziamenti, invece di crescere, restano invariati o addirittura diminuiscono. Oggi le risorse statali sono così ridotte da dover essere suddivise tra 141 centri e sportelli presenti sul territorio nazionale, comprendendo anche attività di rete, formazione e sensibilizzazione. Un quadro che rende impossibile garantire percorsi specialistici che richiedono alta professionalità, interventi in urgenza e formazione continua. A peggiorare ulteriormente la situazione interviene la legge 168/2023, il cosiddetto “Codice Rosso rafforzato”, che introduce un obbligo molto discusso: gli incontri bisettimanali per tutti gli uomini inseriti nei percorsi (art. 15).
Una misura che, secondo ReLive, ignora completamente le evidenze scientifiche disponibili: “Un vincolo che non solo ignora le evidenze scientifiche – che ne segnalano l’inefficacia e i potenziali effetti iatrogeni – ma che limita anche l’autonomia professionale degli operatori, tutelata dall’art. 6 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani”.
Il contributo economico imposto agli autori: una norma che crea nuovi rischi
La normativa nazionale prevede inoltre che gli uomini denunciati in Codice Rosso debbano contribuire economicamente al percorso, senza alcuna valutazione sulla loro reale capacità di farlo. Questa disposizione risulta in contrasto con l’articolo 48, comma 2, della Convenzione di Istanbul, che impone invece una valutazione caso per caso proprio per evitare effetti indiretti sulle vittime. Oltretutto, ricorda ReLive, tale contributo copre solo una minima parte dei costi reali del percorso terapeutico, lasciando i Centri con un carico economico insostenibile.
“La vocazione dei Centri non è gestire l’emergenza, ma cambiare la società”
Parole chiare arrivano dalla presidente di ReLive, Alessandra Pauncz, che nel comunicato afferma: “La vocazione dei Centri per uomini autori di violenza è il cambiamento sociale, non solo la gestione dell’emergenza. Lavoriamo sulle radici della violenza, e per farlo dobbiamo poter offrire opportunità di cambiamento a tutti gli uomini, non solo a quelli inseriti nel Codice Rosso. La nostra missione non può essere soffocata dalla miopia istituzionale: servono risorse adeguate, niente imposizioni irrealistiche come la bisettimanalità, e soprattutto un dialogo costruttivo per cambiare davvero le cose.”
Una dichiarazione che mette in luce un tema fondamentale: non si può chiedere ai Centri di “fermare la violenza” senza fornire gli strumenti necessari per farlo.
Le richieste di ReLive alle istituzioni
Al termine del comunicato, la rete nazionale formula due richieste chiare e immediate: eliminare l’obbligo di incontri bisettimanali, ritenuto irrealistico e non supportato dalla ricerca scientifica; garantire risorse adeguate e condizioni di lavoro sostenibili, fondamentali per permettere ai CUAV di svolgere il proprio ruolo nella prevenzione della violenza maschile contro le donne.
Il CAM Sardegna: “Serve responsabilità condivisa. Noi ci siamo”
Il CAM Sardegna, che aderisce alla rete ReLive, esprime pieno sostegno al comunicato nazionale e ribadisce il proprio impegno: “Il CAM Sardegna […] conferma il proprio impegno a perseguire con rigore le linee di intervento comuni, contribuendo a rafforzare un’azione coordinata sul territorio sardo. Ribadiamo che solo attraverso un impegno congiunto, coordinato e responsabile è possibile mettere in campo azioni efficaci per contrastare la violenza maschile contro le donne.” (dal comunicato del CAM Sardegna) La violenza maschile contro le donne – sottolineano i Centri – non si contrasta solo intervenendo sull’emergenza, ma soprattutto sulle cause, lavorando con gli uomini che agiscono violenza per impedirne la recidiva e interrompere cicli distruttivi che spesso durano anni.
Un sistema vicino al collasso, ma indispensabile per la prevenzione
Senza un sostegno concreto e continuativo, avverte ReLive, ogni strategia nazionale di prevenzione resterà incompleta. Rischiano di saltare non soltanto gli interventi di trattamento, ma l’intero equilibrio del sistema di tutela: • liste d’attesa troppo lunghe impediscono interventi tempestivi sugli uomini più a rischio, • mancanza di fondi compromette la qualità del lavoro, • pressione crescente sugli operatori rischia di svuotare i Centri delle loro competenze specializzate. E se i CUAV collassano, a essere meno sicure saranno le donne.








