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Non gli affittano la stanza: “Cerchiamo un italiano”. Manin: “Mi sento ferito”

“Tacere è sinonimo di accettare e io non voglio essere complice di questo, anzi, voglio dar voce a chi non può. Nessuno deve ritrovarsi a combattere per essere accettato”, ha dichiarato il 26enne a Fanpage

Non gli affittano la stanza: “Cerchiamo un italiano”. Manin: “Mi sento ferito”

Di: Alessandra Leo, foto simbolo


Gli hanno negato l’affitto di una stanza perché di origini africane. Menin Hubert Don, 26 anni e originario della Costa d'Avorio, vive in Italia da quando era bambino e ha trascorso l’infanzia tra Vigevano e Pavia. A Fanpage, che lo ha intervistato, ha raccontato di essere stato vittima di un episodio di razzismo.

Le sue dichiarazioni, riportate in un articolo della giornalista Chiara Daffini, svelano una storia di integrazione, spirito d’iniziativa e coraggio ma anche un’ombra che inevitabilmente spesso incupisce la vita che tanti giovani immigrati, con tanta fatica, si sono costruiti in Italia.

"Nella vita sono un cameriere, studente e anche atleta – racconta Menin a Fanpage - Faccio i 400 metri, quindi sono un velocista, e studio bioingegneria all'Università di Pavia". Non potendo contare su un aiuto economico dalla famiglia, Manin spiega di essere stato costretto a sacrificare l'atletica e a lasciare il collegio universitario. Quindi necessitava di una stanza in affitto che ha iniziato a cercare a inizio anno. Su internet ne trova una che potrebbe fare al caso suo e contatta gli inquilini.

“Ciao, la stanza è ancora disponibile?”, ricorda di aver scritto Menin. La risposta lo ha spiazzato: “Ciao, la stanza è ancora disponibile, però siccome siamo all'inizio cerchiamo un ragazzo italiano. Qualora cambiassimo idea, ti ricontatteremo”.

Gli ho scritto di non scomodarsi a ricontattarmi, perché io non convivo con i razzisti- racconta Manin a Fanpage - Fa ancora più male perché l’ho subìto da un mio coetaneo, da una persona che dovrebbe come me lottare contro queste forme di discriminazioni – prosegue - Ho cercato anche un po’ di mettermi nei suoi panni, però non ci sono riuscito, perché non ha scusanti e non ha scuse”-

Non è il primo episodio del genere che capita a Manin, che ha capito che non bisogna sopportare in silenzio: “Tacere è sinonimo di accettare e io non voglio essere complice di questo, anzi, voglio dar voce a chi non può. Nessuno deve ritrovarsi a combattere per essere accettato".

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