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CBD in Italia: cosa dice la legge?

Tra i benefici è possibile citare la sua efficacia contro l’ansia, così come gli effetti antidolorifici

CBD in Italia: cosa dice la legge?

Di: Redazione


Da diversi anni, in Italia, si parla tantissimo di CBD e cannabis light. In tutto il Paese, i negozi che la vendono crescono ogni giorno di più. Lo stesso si può dire per gli e-commerce. Portali come Prodotti-cannabis.it vengono visitati quotidianamente da tantissime persone.

Il motivo del loro successo è legato alla presenza, in numerosi fra i prodotti venduti, del CBD o cannabidiolo. Questo fitocannabinoide, scoperto nel 1942 da R. Adams, è caratterizzato da numerosi benefici per la salute.

Tra questi, è possibile citare la sua efficacia contro l’ansia, così come gli effetti antidolorifici. Cosa dice la legge in merito ad esso? Farsi domande in merito è normalissimo. Dopotutto, in Italia, la normativa riguardante la cannabis non terapeutica è ancora molto nebulosa (nonostante i passi in avanti fatti negli ultimi anni).

Per capire come funzionano le cose in merito alla legalità del CBD, è necessario chiamare in causa la Legge 242/2016, testo normativo entrato in vigore nel gennaio dell’anno successivo. La legge in questione ha reso legale la coltivazione della pianta, la sua trasformazione e la conseguente vendita di prodotti a base di cannabis light. Questi ultimi, devono essere destinati alla cosmesi e al collezionismo.

Cosa si intende, di preciso, per cannabis light? Quella caratterizzata da un basso apporto di THC, compreso ossia tra lo 0,2 e lo 0,6%. Quest’ultima percentuale è una soglia di tolleranza che il legislatore ha messo in primo piano per venire incontro ai coltivatori. Per questi ultimi, infatti, il mantenimento di livelli bassi di THC non è certo semplice.

La legge sopra citata, pur avendo rappresentato uno spartiacque notevole per il nostro Paese, presenta delle gravi mancanze. Non fa infatti alcun riferimento all’uso umano di CBD, eccezion fatta per un aspetto. Quale di preciso? Quello della combustione, che è vietata.

Dal gennaio 2017, gli attori della filiera della cannabis light, settore in cui lavorano decine di migliaia di persone, invocano a gran voce una svolta nel quadro normativo, chiedendo soprattutto più chiarezza. Da allora, un’altra tappa che ha fatto parlare molto nella storia del CBD dal punto di vista della legge è il decreto, inizialmente firmato nell’ottobre 2020 dall’allora Ministro della Salute Roberto Speranza e subito sospeso, che classificava il CBD come una sostanza stupefacente e psicotropa, includendolo nella cosiddetta sezione B della Tabella dei Medicinali.

Se il decreto fosse entrato in vigore, il CBD sarebbe diventato acquistabile solo in farmacia, previa presentazione di ricetta medica non ripetibile.

La sospensione - seguita dalla promessa di apertura di tavoli di discussione con specialisti in merito al cannabidiolo - è arrivata a seguito dell’innescarsi di un vivace dibattito, formato soprattutto da voci contrarie alla posizione del Ministero.

Queste ultime, ai tempi, si appellarono soprattutto al punto di vista dell’OMS, che parlava del CBD come di una sostanza non in grado di provocare danni all’organismo.

Il caso della Sardegna

Dopo il 2020, non ci sono stati cambiamenti macroscopici per quanto riguarda la legislazione sul CBD. Per amor di precisione, ricordiamo che non ci sono stati a livello nazionale. Se si guarda alle singole Regioni, la situazione è diversa.

Degno di nota a tal proposito è il caso della Sardegna, Regione a statuto speciale, che nell’aprile dello scorso anno ha approvato la legge n° 6/2022, un testo normativo avente il fine di promuovere la filiera della cannabis depotenziata, coinvolgendo tutti i settori a partire da quello della ricerca scientifica fino ad arrivare al mondo del food e della cosmesi.

Non resta che attendere nuovi sviluppi a livello nazionale. In tal caso, l’Italia si allineerebbe a un’Europa sempre più propensa alla totale legalizzazione. A dimostrazione di ciò, è possibile citare la recentissima decisione del Consiglio di Stato francese, che alla fine dello scorso anno ha definitivamente annullato un’ordinanza che vietava la vendita di infiorescenze con CBD.

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