Proseguono in Consiglio regionale della Sardegna i lavori sul disegno di legge n. 59 “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito”, presentato da Roberto Deriu e altri consiglieri. La VI Commissione, presieduta da Carla Fundoni (Pd), ha svolto due nuove audizioni sul tema, accogliendo le posizioni dell’associazione “ProVita e Famiglia” e di un’esperta di bioetica.

Il primo a intervenire nel parlamentino della Salute è stato Antonio Brandi, presidente dell’associazione ProVita e Famiglia, che ha espresso una netta contrarietà al testo: "Elimina i sofferenti invece delle sofferenze", ha dichiarato, sottolineando la necessità di una piena attuazione della legge n. 38 del 2010, che riconosce ai cittadini il diritto a cure palliative e terapia del dolore, per garantire una migliore qualità della vita ai malati in fase avanzata, sia oncologici che non.

Brandi ha motivato la sua opposizione alla legge, sostenuta da tutti i gruppi consiliari di maggioranza, sia nel merito che nella sostanza, con toni anche provocatori: "Uno Stato che spende 30 miliardi di euro in armamenti dovrebbe sapere che un quarto di tali importi si potrebbero garantire cure efficaci a tutti i malati".

Ha poi invitato i commissari a osservare quanto accade nei Paesi che hanno introdotto il suicidio assistito: "In Olanda un suicidio assistito su 5 si pratica senza consenso", ha detto, escludendo che la sentenza della Corte costituzionale crei un vuoto legislativo.

"Il vuoto normativo va riempito con la vita e non con la morte", ha concluso.

Contraria alla proposta anche la professoressa Giulia Bovassi, esperta di bioetica dell’Università del Messico. A suo giudizio, la materia è di competenza esclusiva dello Stato, e la sentenza della Consulta n. 242 del 2019 "non stabilisce il diritto alla morte", ma "semmai circoscrive le condizioni essenziali nelle quali si ravvisa l’eccezione rispetto alle norme vigenti".

Secondo Bovassi, la proposta tende invece ad allargare il concetto, permettendo alla Regione di offrire assistenza a chi intende accedere al suicidio medicalmente assistito. L’esperta ha posto l’accento sulle condizioni in cui viene espressa la volontà individuale: "L’agire libero in molti casi può essere indirizzato contro se stessi e lo Stato combatte le droghe e i suicidi", ha detto, paventando il rischio di abusi e pressioni sociali sui malati.

Ha inoltre richiamato l’attenzione su quanto accade nei Paesi dove esiste una legislazione in materia: "Si pratica l’eutanasia sui minori, aumentano i casi per i malati psichiatrici e oncologici, di recente si è avuto il caso di una doppia eutanasia moglie-partner".

Per Bovassi, la priorità deve essere un’altra: "Il problema è l’abbandono terapeutico e non l’accanimento e ogni paziente può sottrarsi alla terapia ma non alla cura, intesa come prendersi cura di una persona".

La Commissione è attesa a concludere in serata il ciclo di audizioni previste sul provvedimento.