"Il 18 giugno scorso ho scritto al ministro Nordio per esprimere preoccupazioni chiare e legittime sull'ipotesi di trasferire un numero elevato di detenuti al 41 bis nelle carceri sarde. Nessuna risposta. Nessuna possibilità di confronto con il ministero della Giustizia. La Sardegna non può e non deve essere trattata come un laboratorio per esperimenti pericolosi".

A parlare è la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, che fa riferimento a una lettera inviata al ministro della Giustizia il mese scorso, in seguito alla visita al carcere di Uta di due direttori generali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: Antonio Bianco, responsabile della Direzione generale per la gestione dei beni, dei servizi e degli interventi in materia di edilizia penitenziaria, ed Ernesto Napolillo, responsabile della Direzione generale detenuti e trattamento.

Proprio Napolillo è stato autore di una comunicazione inviata alle autorità sarde. "Apprendiamo dalla stampa del contenuto di una lettera inviata da Ernesto Napolillo ai presidenti del Tribunale di sorveglianza e del Tribunale di Cagliari, al Procuratore della Repubblica, al Prefetto, al Questore, al Comandante provinciale dei Carabinieri, al Procuratore nazionale Antimafia di Roma, al Provveditore dell’amministrazione penitenziaria regionale e al direttore generale della ASL — aggiunge Todde — In questa lettera si comunica che la decisione di trasferire 92 detenuti in regime di 41 bis nel carcere di Uta è stata presa e richiede a tutte queste autorità di prepararsi a tale evenienza".

"Se questo fatto fosse confermato sarebbe un atto grave che calpesta il principio di leale collaborazione tra istituzioni e che non tiene conto delle conseguenze per la sicurezza, la sanità, gli impatti sull’economia e la tenuta sociale del nostro territorio", sottolinea la presidente.

Nella missiva indirizzata al ministero, Todde aveva evidenziato alcune criticità: la Sardegna è considerata dal procuratore generale "a forte rischio di sviluppo mafioso" e la presenza dei detenuti al 41 bis potrebbe "rafforzare alleanze tra le mafie tradizionali e la criminalità locale"; la carenza di personale della polizia penitenziaria ha già favorito episodi drammatici, come la fuga di Marco Raduano a Nuoro nel 2023; infine, "l’impatto sociale e sanitario di questa scelta non è sostenibile senza un piano strutturato di interventi".