Nuoro

Nuoro. Onorificenza a tre ambasciatori della cultura sarda: Ladu, Zizi e Bandinu

Il presidente dell’ISRE, Stefano Lavra: Speranza Ladu, Bernardo Zizi e Bachisio Bandinu, abili tessitori di valori identitari, hanno comunicato a tutti la loro arte, in Terra sarda e oltre i confini della Sardegna

Nuoro. Onorificenza a tre ambasciatori della cultura sarda: Ladu, Zizi e Bandinu

Di: Dante Tangianu


Nuoro, 28 aprile 2024, Festa regionale di “Sa Die de sa SARDIGNA”, Auditorium “Giovanni Lilliu” del Museo del Costume. Sono le ore 11 in punto quando il presidente dell’ISRE, Stefano Lavra - dopo l’esecuzione dell’ Inno della Regione sarda, Su patriota sardu a sos feudatarios (noto anche come Procurade ‘e moderare) -  dà il via, nel quadro dei festeggiamenti di “Sa Die de sa Sardigna”, a un evento straordinario, così come eccezionale è l’occasione per il folto pubblico presente, tra cui autorità civili e militari, di vedere e ascoltare, secondo le parole dello stesso presidente, “tre rilevanti figure di riferimento della cultura materiale e immateriale sarda, nonché del saper fare in Sardegna”.

I protagonisti, i festeggiati, a cui sarà conferita l’onorificenza, sono monumenti viventi della storia degli ultimi 70 anni e oltre della nostra Sardegna. Solo a vederli, si riempiono i cuori in una sala gremita. L’emozione si fa subito avanti, nell’attesa di sentire la loro voce, le loro storie, i loro racconti. Vediamo, attraverso le tre nobili e simboliche figure, tanta Sardegna, ma proprio tanta. Ognuno di loro, nel proprio campo, è portatore di un patrimonio artistico e culturale inestimabile, di cui il popolo sardo si fregia con orgoglio e fierezza. Sono depositari di virtù identitarie proprie del Dna di sardi. Sono nobili e tenaci ereditieri di antichi architravi etico-morali e di appartenenza della nostra casa comune, la Sardegna, e della nostra gente: una garanzia assoluta di ricambi generazionali solidi e incontaminati. 

Speranza Ladu, Bernardo Zizi e Bachisio Bandinu sono tessitori dell’anima. Tessono e ricamano, ognuno con i propri strumenti. Speranza Ladu con il suo telaio verticale, nel senso materiale della sua arte di tessitrice, che è cultura, tradizione, ma anche espressione di libertà.  Zizi e Bandinu sono profeti della parola, con la quale anche loro producono simbolicamente tappeti, tessendo e ricamando in versi o con i libri e insegnamenti, concetti profondi quanto efficaci per sostenere, tutelare, evolvere e affermare, secondo i valori identitari del popolo sardo, l’immagine della Sardegna in ogni dove.

I tre protagonisti sono seduti in prima fila, salgono uno per volta in “cattedra”, idealmente quella della loro arte, dove a chiamarli e ad attenderli c’è il dott. Stefano Lavra, padrone di casa che con le sue parole, coinvolgenti quanto efficaci, di presentazione degli illustri Ospiti, crea ancora di più un’atmosfera di rara partecipazione e di emozione, appunto.

Emozione che si conferma essere sempre più intensa, ma solo fino a quando non giunge alle orecchie dei presenti la voce dei protagonisti. Che in tutti e tre è posata, distesa, serena. La stessa emozione, dunque, si attenua, ormai non si sente più, sovrastata dal carisma delle tre grandi personalità che non lasciano scampo: dominano l’atmosfera con la complicità della grande empatia con cui arrivano all’ascoltatore. Ognuna di loro, nel proprio campo, comunica in modo pregnante, le battute coinvolgono, fanno sorridere, divertono e soprattutto danno la misura del personaggio in un contesto reso subito informale dal loro tratto comunicativo.

Speranza Ludu, di Sarule, 90 anni e non sentirli. Così è davanti agli occhi di chi l’ascolta e la segue. È una figura di donna brillante, tenace, di grande tempra, con i tratti che rievocano l’idea della donna sarda forte, nobile e austera del nostro immaginario collettivo.   Pronta e divertente è la battuta, ma, soprattutto, thia Speranza riesce con i suoi aneddoti e racconti, nonché con la voce suadente quanto autorevole, a far entrare idealmente nel suo laboratorio di tessitura, in cui era di casa per tradizione familiare e già vi lavorava all’età di 13 anni, tutto il pubblico presente.  

Narrazioni, quelle della tessitrice, propiziate dalle domande della bravissima dott.ssa Giuditta Sireus, che, in perfetta empatia con l’artista, contribuisce a mettere ancora di più in risalto anche i tratti umani del personaggio, anch’essi di pari valore rispetto alla sua arte pura, incontaminata, quella della tessitura sul telaio verticale, unico esistente (tutti gli altri erano orizzontali) a Sarule, ma non solo. È orgogliosa, Speranza, del suo passato, che continua a vivere in un presente che le dà gran forza, nel cuore e nello spirito. Soprattutto perché il suo telaio verticale è in buone mani, resta in famiglia, la tradizione continua.

La seconda onorificenza è per Bernardo Zizi, di Onifai, 96 anni a giugno. Sta bene thiu Bernardu, il sorriso di sempre,linna ona e si vede. È solare, infonde positività.  È la voce delle nostre piazze, dove la gente si divertiva e commentava non con applausi, per non interromperne la declamazione delle ottave, ma con   apprezzamenti discretamente rumorosi indirizzati a su cantadore per i suoi versi profondamente e felicemente coinvolgenti. Come quando saliva sui palchi, anche oggi si siede sulla sedia che per lui e per i suoi estimatori avrà sempre il valore simbolico dello scranno del poeta, in attesa dei temi, in questo caso della presentazione del professor Andrea Deplano. Poi, il vate si alza, e col suo stile di raffinato esteta della parola e della poesia, recita, senza leggere, alcune ottave che alla gran parte del pubblico, che pure mostra di conoscerle, sembra di ascoltarle per la prima volta, tanto è l’entusiasmo.

Il professor Deplano traccia un profilo, parlando in limba, del poeta improvvisatore di Onifai. A sentire, ma non è la prima volta, la data dell’esordio sui palchi di Bernardo Zizi, 14 agosto 1952, chi vi scrive, cari lettori, si sente, si fa per dire, chiamato in prima persona a “testimoniare”. Perché in quel fazzoletto di tempo, siamo nel ‘54/’55, avevo 6 o 7 anni quando a Triei, durante la gara poetica sul palco di una piazza polverosa, smisi di giocare con gli altri bambini per raggiungere i miei genitori e ascoltare anch’io la voce che mi aveva appena colpito e ammaliato. Era limpida, chiara, squillante, variabilmente modulata e suadente: era quella di Bernardo Zizi. Passò tantissimo tempo prima di poter esaudire il piacere di conoscere di persona il mio mito, ma quando ci fu l’occasione, ebbe inizio un’amicizia che mi ricompensò di tutti i ritardi.

Ecco, sa oghe di Zizi. Andrea Deplano, nel parlare del poeta, parte proprio da lì, dalla sua voce, dotata di “unu timbru e unu tonu” non comuni. E cita Remundu Piras, “sa bellesa de sa oghe est metade e gara”   “La bellezza della voce”, sottolinea Deplano,  “é suono, fonetica, canto, e arriva prima ancora della poesia”. Poi, nel cantadore di Onifai c’è tutto il resto, ovvero il dono di tessere e ricamare versi, il genio, la rima, il tratto, su trupu (altra qualità non frequente), cioè tanti versi in rapida sequenza, sa muta semper benigna (disposizione d’animo, buonumore, abbondanza della parola e del suono). “Ora”, dice il professore, “non credo ci siano altri poeti che possano contare, messe insieme, su tutte queste qualità in una sola persona”.

Già, Bernardo Zizi, sul palco fino all’età di 92 anni (ultima gara a Luras nel 2017), era tutto questo. E lo sarà sempre. La sua poesia è un fascio di luce che si irradia in tutte le contrade dell’Isola e non solo. Onori al nostro grande poeta, che ci ha portato la Sardegna nel mondo, riavvicinandola a chi ha lasciato la propria gente e ha trovato negli ambasciatori delle nostre culture e tradizioni, quel filo conduttore per non sentirsi mai soli.                                                 

Sono presenti tra il pubblico anche i poeti Salvatore Ladu, di Sarule, e Giuseppe Porcu, di Irgoli, che hanno dedicato Bernardo Zizi versi e parole di ringraziamento per una parte della loro carriera trascorsa tante volte insieme sul palco con il vate di Onifai.

Ha reso oltremodo suggestiva e ricca di fascino l’atmosfera dell’Auditorium, anche la presenza del Tenore “Nugoresu” e del Tenore “Picottu”, che hanno festeggiato il poeta in poesia con i brani applauditissimi del loro repertorio. Così come anche il Gruppo Etnico “Juntos”, che in apertura dell’evento ha eseguito l’Inno della Regione sarda.

La terza onorificenza è per il professor Bachisio Bandinu, 85 anni, di Bitti, antropologo, giornalista e scrittore. Lo presenta, dopo il poeta di Onifai, lo stesso professor Andrea Deplano, che restando sul filo che hanno in comune i tre premiati, la tessitura, sottolinea che l’arte di Bandinu è quella, parallelamente con Zizi, della parola e cioè di tessere, ricamare e produrre concetti sul solco dei valori di appartenenza. Una virtù sempre prolifica e mirabilmente espressa con l’insegnamento nelle scuole dalle medie all’Università, i suoi studi, i suoi libri, le sue conferenze e il giornalismo. “La Sardegna e i sardi, in particolare”, si chiede Deplano, “saremo in grado di fare tesoro di tutto ciò che ci ha detto Bachisio finora e ci dirà in futuro? Oggi, sempre di più, conosciamo solo il significato della parola e non anche il significante, cioè i suoi suoni. In tal senso, se non ci sarà più la possibilità di continuare a parlare in famiglia il sardo, beh, allora perderemo davvero la mente, l’identità”.

“La mia speranza”, dice professor Bandinu, “è sempre stata quella che nei miei studenti ci fossero i nostri antichi sentimenti, che capissero la nostra storia e i momenti di ricorrere ai rimedi quando necessario. Anche io, come Speranza Ladu e Bernardo Zizi, ho sempre tessuto e ho fatto anche tapetti. Nel mio caso ho usato i fili della parola e della nostra sardità perché i miei studenti fossero produttori e non consumatori, sardi nel mondo e non clienti di altre civiltà. E questo è stato il primo tappeto”.

Il secondo che descrive il professore è quello dell’identità, che è legata all’uso della lingua sarda, che è fondata sulla fonetica della parola, e  nei cui confronti tutte le altre  sono sorelle.  Non basta dire “Io sono sardo. Va bene, ma non basta”, tiene a sottolineare, Bachisio Bandinu.

Il terzo tappeto è quello de su pastoriu e sa massaria, l’agropastorizia, che è una civiltà. “Oggi”, si chiede il professore, “l’abbiamo un’identità sarda? C’è una nostra identità politica, nella produzione, nell’industria? In questo senso ho sempre cercato di tessere, ma oggi ci stanno rubando sia il sole che il vento. Riusciranno le pale eoliche a dialogare con i nostri nuraghi? Qual è il rimedio a tutto ciò? Ogni civiltà si ribellerebbe, politica o non politica, legge o non legge”.  “Il rimedio siamo noi stessi”, dice Bandinu, “dobbiamo difendere la nostra Terra e rendere creativo il mondo che abbiamo ereditato”. 

Foto in basso: il prof. Bachisio Bandinu, al centro, riceve il premio da Daniele Cossellu, Tenore Remunnu ‘e Locu. A destra, il prof. Andrea Deplano.

Speranza Ladu. Alla sua sinistra il presidente dell’ISRE Stefano Lavra e alla sua destra Giuditta Sireus e il sindaco di Nuoro Andrea Soddu.

Bernardo Zizi. Alla sua sinistra il presidente dell’ISRE Stefano e alla sua destra il professor Andrea Deplano.

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