Desulo

Il 1° luglio ricorre il cinquantenario della morte di don Franco Daga

Morì affogato nelle acque del Tirso pur di salvare un suo chierichetto

Il 1° luglio ricorre il cinquantenario della morte di don Franco Daga

Di: Redazione Sardegna Live - Foto Simone Littarru


Domani, 1° luglio, ricorrerà il cinquantenario della morte del sacerdote desulese don Francesco Daga. Nato il 1° maggio del 1933, da Giovanni, ambulante, e da Francesca Daga, durante l’infanzia si formò fra la scuola e la parrocchia. Frequentò medie e ginnasio nel Seminario Diocesano, poi il liceo, e infine studiò filosofia e teologia nel Seminario Regionale di Cuglieri. L’ordinazione sacerdotale fu celebrata il 29 giugno 1960, nella parrocchiale di Desulo, da Mons. Sebastiano Fraghì.

Come riportato da L’Arborense, il settimanale dell’arcidiocesi di Oristano, in un articolo del professor Michele Congias, “Prima di arrivare all’ordinazione sacerdotale, don Franco era maturato seguendo con entusiasmo le iniziative di solidarietà messe in atto in parrocchia subito dopo la II guerra mondiale. Le iniziative parrocchiali, realizzate sul campo dai giovani e dalle ragazze dell’Azione Cattolica, se da una parte volgevano a lenire le sofferenze dei malati o degli anziani e a compensare la solitudine delle persone più abbandonate, dall’altra erano orientate a rendere sempre più efficiente l’azione educativa e formativa del parroco, prestandosi a fornire catechiste preparate ed entusiaste”.

Il chierico Franco coglieva attentamente l’esempio del parroco don Marotto e dei suoi giovani e “con tutta naturalezza, informandosi volta per volta da amici e parenti, era solito visitare vecchi, malati, famiglie in difficoltà.”  Terminato il corso di teologia, presi gli ordini inferiori, Franco Daga fu inviato in missione a Ghilarza, dopo un anno di servizio nel seminario di Oristano.

Nominato parroco di Ollastra, don Daga, iniziò il suo progetto missionario dando esempio di carità andando incontro ai bisogni. Volle poi curare con attenzione l’educazione dei giovani coinvolgendo anche i genitori.

Il 1° luglio del 1968 accompagnò il gruppo dei chierichetti della parrocchia a fare il bagno nel Tirso insieme ad alcuni genitori. In quell'occasione venne sottovalutato il rischio del fatto che da anni, nelle acque del Tirso, si procedeva all’estrazione della sabbia mediante lo scavo di profonde buche. I ragazzi iniziarono a giocare in acqua fino a quando uno dei chierichetti venne trascinato dalle spire di un mulinello entrando in difficoltà. Don Franco si tuffò subito nel fiume per soccorrerlo accompagnato da uno dei genitori.

Pur non sapendo nuotare bene, il sacerdote riuscì a raggiungere il bambino tirandolo fuori dal pericolo ma finendo lui stesso nel vortice delle acque agitate. Iniziò così a dimenarsi affannato e, nello scomposto tentativo di mettersi in salvo, rischiò di trascinare con sé il genitore che si era addentrato nel fiume insieme a lui. Questi, sentendosi in pericolo, urlò al religioso: “Don Franco, sono un padre di famiglia!”. Don Franco così lasciò la presa, abbandonandosi alle acque e scomparendo in fondo al fiume.

"Don Franco lasciò ai suoi parrocchiani, ai parenti e agli amici un esempio di generosità ammirevole - così lo ricorda L'Arborense -, perché è proprio vero quello che dice il Vangelo di San Giovanni: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amiciE questa è anche l’eredità di don Franco giunta fino a noi".

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