Sassari

Un approccio multidisciplinare quale cura per l’incontinenza urinaria femminile

Se n'è parlato ieri durante il corso sulle patologie del pavimento pelvico femminile

Un approccio multidisciplinare quale cura per l’incontinenza urinaria femminile

Di: Antonio Caria


«L’incontinenza urinaria femminile interessa il 25 per cento delle donne nell’arco della loro vita, aumenta con l’aumentare dell’età e colpisce sino al 60 per cento delle donne in postmenopausa. Una situazione che altera la qualità della vita, con importanti costi per la società per disabilità associate e assenze dal posto di lavoro».

Sono queste le parole di Salvatore Dessole, direttore dell'unità operativa complessa di Ginecologia e Ostetricia dell'Aou di Sassari, ieri per l’apertura del corso sulle patologie del pavimento pelvico femminile, l’incontinenza urinaria femminile e il prolasso degli organi pelvici nell'aula magna della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'ateneo sassarese.

Il corso è stato organizzato dall'unità operativa complessa di Ginecologia e Ostetricia dell'Aou di Sassari e sotto l’egida della associazione italiana di Uroginecologia (Aiug), con il patrocinio del dottorato di ricerca in Scienze Biomediche dell’Università di Sassarie sotto l’egida della associazione italiana di Uroginecologia. Lo stesso ha visto alternarsi al tavolo dei relatori medici specialisti in Ginecologia e ostetricia, in Urologia, in Chirurgia generale, in Colon-proctologia, oltre che di ostetriche e fisioterapisti e ha voluto mettere al centro dell’attenzione un'azione multidisciplinare.

I lavori hanno avuto un’anteprima con gli interventi del preside della Facoltà di Medicina di Sassari, Giuseppe Passiu, di Maddalena Tedde presidente dell'ordine delle Ostetriche della provincia di Sassari e Olbia-Tempio e di Andrea Piana coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze Biomediche.

Subito dopo si è iniziato a parlare di terapia riabilitativa e medica, dei pro e dei contro dell’approccio chirurgico mininvasivo. Inoltre, sono state presentate le nuove terapie chirurgiche dell’incontinenza urinaria da sforzo. Una discussione si è aperta sulle terapie del prolasso genitale che prevedono l’utilizzo di protesi di ultima generazione biocompatibili.

«L'approccio di questo corso – ha sottolineato il direttore generale dell'Aou Antonio D'Urso – è nuovo e non si concentra sulla malattia in senso stretto ma sul percorso del paziente e vede protagonisti ginecologi, urologi, ostetriche, fisioterapiste e altri professionisti che del pavimento pelvico fanno il centro del loro interesse professionale. Un approccio che ha due effetti: sull'efficacia clinica del trattamento e sull'efficienza, importante in un momento in cui le risorse sono limitate e definite», ha chiuso Antonio D'Urso.

Una patologia che riguarda la «terza fase della maturità» della donna, cioè dopo i 60 anni. Tra i vari fattori che possono determinare e aumentare il fenomeno, a esempio, vengono elencati il parto naturale che “stressa” la regione pelvica, poi alcuni interventi chirurgici come quello di rimozione dell'utero e, ancora, ereditarietà, malattie neurologiche e il prolasso genitale. Ribadita la necessità di un inquadramento diagnostico-terapeutico della malattia, con i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali mirati alla cura dell’incontinenza urinaria femminile e del prolasso degli organi pelvici.

«Questa patologia – ha detto ancora Salvatore Dessole – intacca la qualità di vita, mentre noi vorremmo che si invecchiasse sempre di più e bene».

Di “Malattia silenziosa” ha parlato, invece,  Pier Luigi Cherchi (Direttore della scuola di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia di Sassari) che ha rimarcato come «le donne si rifiutano di parlarne ma che, se non curata in tempo, peggiora progressivamente». In base a quanto emerso nel corso dell’incontro, sono le donne ad essere colpite più degli uomini. A giudizio di Cherchi è «Una situazione dovuta, in parte, al parto vaginale naturale che determina uno sfiancamento del pavimento pelvico, con riflessi su prolassi e incontinenza urinaria».

Una malattia che può causare anche la depressione. Per questo motivo, ha sottolineato Alberto Porcu (Direttore del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Aou), «è chiaro che prevenire queste malattie e curarle in tempo deve essere l'obiettivo di una moderna società che vuole assicurare una vita più lunga e una buona qualità di vita».

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