Si è aperto oggi, davanti alla Corte d’Assise di Sassari, il quarto processo sul sequestro di Titti Pinna, l’allevatore di Bonorva rapito il 19 settembre 2006 e liberatosi da solo il 28 maggio 2007 dopo oltre otto mesi di prigionia. Sul banco degli imputati c’è Antonio Michele Piredda, imprenditore edile 58enne di Nulvi, accusato di concorso in sequestro di persona.

Secondo il pubblico ministero della Dda di Cagliari Gilberto Ganassi, Piredda avrebbe partecipato a diverse fasi del rapimento, mettendo a disposizione della banda un furgone Renault Kangoo usato nei suoi cantieri. Il veicolo sarebbe stato utilizzato per trasferire Pinna prima all’ovile di Lochele e poi alla prigione di Su Padru.

Non solo: l’imputato avrebbe anche offerto la sua disponibilità a far pervenire all’avvocato Agostinangelo Marras alcuni messaggi per confermare l’esistenza in vita del rapito, rispondendo così all’appello della famiglia risalente al 2007.

Difeso dall’avvocata Antonella Cuccureddu, Piredda era stato testimone nei precedenti processi che hanno portato alle condanne definitive di Salvatore Atzas, Giovanni Maria Manca, Antonio Faedda e dei fratelli Giovanni e Francesca Sanna.

Oggi, la difesa ha sollevato diverse eccezioni preliminari, tutte respinte dalla Corte, presieduta dal giudice Giancosimo Mura, con Monia Adami a latere. Il processo riprenderà il 3 giugno, quando è attesa in aula la testimonianza di Titti Pinna.