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Il sindaco di Bonorva, Massimo D’Agostino, denuncia con toni duri la situazione idrica e sanitaria che sta travolgendo la comunità. Spiega di essere «seriamente preoccupato» per l’acqua erogata a giorni alterni e che in alcune abitazioni arriva con ore di ritardo, restando disponibile «per solo mezza giornata». Personalmente non avrebbe problemi – vive da solo, è spesso fuori casa e dispone di un serbatoio da 300 litri – ma ricorda che il suo ruolo lo spinge «SEMPRE a difendere e tutelare gli interessi» dei cittadini.
Quando la gente gli racconta, «anzi, mi urlano in faccia», che in alcune case l’acqua manca «anche 30 ore» e che, quando ritorna, «è pure sporca», scatta in lui l’immedesimazione: immagina famiglie con bambini, anziani o disabili costrette a gestire rubinetti asciutti per più di un giorno. E ogni tentativo di intervento d’urgenza, dice, viene «preso a schiaffi dalla burocrazia».
Da medico, aggiunge, non sarebbe obbligato a preoccuparsi della crisi sanitaria, ma rivendica: «MA HO UN’ETICA!». Riferisce che mandare un paziente in ospedale è come immergerlo in «un libro di Tolkien», con «15/20 ore di attesa, di indifferenza, spesso di inutilità». Racconti di ricoveri trascorsi in barella, pasti immangiabili e apparecchiature non funzionanti lo spingono a riflettere a lungo prima di indirizzare qualcuno nel pubblico.
Così, «vergognandomi», finisce per consigliare strutture private, ben sapendo che il paziente pagherà «il doppio»: una volta di tasca propria e una volta con le tasse. Si chiede fino a quando durerà questa condizione e quando arriverà «qualcuno che cambierà le cose» con scelte di buon senso.
«Siamo davvero tutti stanchi», conclude. «Io sono molto stanco», e ciò che lo spaventa maggiormente è che la comunità «si stia abituando» a questa realtà fatta di acqua intermittente, sanità in crisi e un futuro incerto.






