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Ondate di emozioni han spumeggiato al Parco dei Suoni di Riola Sardo, dove il concerto "De André canta De André - The Best Of" ha riacceso la fiamma di uno dei più grandi cantautori italiani. Non una semplice esibizione musicale, ma un vero e proprio rito collettivo che ha unito e unisce generazioni diverse sotto il segno della poesia e della musica di Fabrizio De André, che rivive -oltre la semplice pedissequa interpretazione- grazie alla voce e ai numerosi strumenti del figlio Cristiano.
Il tuour estivo del cantante, che ha rivelato di aver definitivamente scelto l'Isola come sua dimora per la quasi interezza dell'anno, ha fatto tappa anche ad
Alghero e Lanusei
L'organizzazione porta la firma di Sardegna Concerti, una delle principali realtà isolane impegnata -da oltre due decenni- a portare in tutta la Sardegna, dai contesti più piccoli fino ai grandi spazi dei capoluoghi- spettacoli, musica e cultura a 360 gradi. E che, per dirne alcune, dopo il quasi sold out di De André, le masterclass-concerto in collaborazione con "Accademia del Pop", le tappe di Edoardo Bennato, gli eventi di "Jazz in Sardegna", la Chicago Experience (con Danny Seraphine) e Al McKay (con "Earth Wind & Fire Experience), ci aspetta al Teatro Massimo di Cagliari, il 12 settembre con "Forever Amy" (unico tributo ufficiale di Amy Winehouse) e il 14 e 15 novembre con il concerto di Ron.
Tra le pareti di granito e la risacca del mare, l'atmosfera-attesa nell'anfiteatro rivelava le più disparate emozioni. Il pubblico, dai fedelissimi alle nuove leve, si è seduto in silenzio, pronto ad accogliere le vibrazioni che avrebbero ripercorso una carriera straordinaria. E non appena le prime note hanno riempito l'aria, è stato chiaro che non si trattava di un'imitazione, ma di una rilettura rispettosa e appassionata, che ha saputo restituire l'anima tanto ribelle quanto riflessiva e delicata delle canzoni.
Le lacrime sono affiorate sulle guance di molti durante l'esecuzione de "La canzone dell'amore perduto", un brano che ha toccato le corde più intime del cuore, ricordando a tutti che l'amore, anche quando finisce, lascia un'impronta indelebile. Ma non è stata solo la nostalgia a dominare la serata: le oltre due ore di concerto son state anche un'occasione per riflettere e per riscoprire la profondità di messaggi che, a distanza di decenni, restano attuali e potenti.
"Don Raffaè", con il suo ritmo incalzante e il testo pungente, è un capolavoro di critica sociale. Attraverso il dialogo tra un secondino e un boss camorrista, si smaschera l'ipocrisia di un sistema che tollera e a volte si piega al potere della malavita, mettendo in luce l'ambiguità dei confini tra bene e male, tra giustizia e corruzione. La canzone è un atto d'accusa contro un'Italia dove la legge sembra avere due pesi e due misure, una per i potenti e una per gli ultimi.
"Se ti tagliassero a pezzetti", un inno alla libertà e alla dignità, ha risuonato come un monito contro ogni forma di oppressione e di violenza. La sua forza sta nel suo messaggio semplice e diretto, un urlo contro l'ingiustizia che non ha perso la sua attualità.
E poi è stata la volta di "Crêuza de mä", che ha creato un ponte ideale tra la Liguria e la Sardegna. Il pubblico ha colto subito il parallelismo tra i marinai genovesi, protagonisti del brano, e i marinai dell'isola, uomini di mare che da sempre hanno navigato per necessità, per commercio o per amore, accomunati da un destino di fatica e di orgoglio. La canzone, che evoca l'odore salmastro e le storie di vita vissuta, ha risuonato con una familiarità che ha toccato profondamente le corde del cuore dei sardi e non.
Momento di pathos, a tratti drammatico, è stato l'esecuzione di "Fiume Sand Creek", brano che racconta del massacro di una tribù di nativi americani, punto di partenza per una riflessione contro ogni guerra e ogni violenza. Le parole di Faber, scritte quasi cinquant'anni fa, sono risuonate come un'amara e dolorosa preghiera, un invito a non dimenticare le atrocità del passato e a lottare per un mondo in cui il dialogo prevalga sulla forza e sulle tante, troppe guerre che ancora oggi lacerano vite e quotidianità delle popolazioni.
Alla musica si alternano gli aneddoti di vita che Cristiano regala al pubblico: dalla carriera da veterinario sognata per lui dal padre (proprio per lavorare nella tenuta in Sardegna) alla delusione del medesimo di fronte all'assoluta assenza di cambiamento per la condizione degli ultimi, degli oppressi, dei deboli e degli indifesi, per i quali tanto aveva scritto e cantato ai momenti di dialogo e condivisione durante e dopo i concerti, tra Cristiano, emozionato di essere non veterinario ma musicista, e Fabrizio -orgoglioso- al suo fianco.
Del resto, nel panorama della musica d'autore italiana, la figura di (anzi, dei!) De André svetta come un faro di poesia e impegno civile. Le sue canzoni non sono semplici melodie, ma quadri sonori che narrano storie di emarginati, disperati, ribelli e sognatori. La sua forza non risiede solo nella bellezza dei testi, ma nella capacità di dare voce a chi non ce l'ha, di esplorare le profondità dell'animo umano con una sensibilità e un'empatia rare. Le sue canzoni sono diventate un patrimonio culturale, un punto di riferimento per intere generazioni, che continuano a scoprire in esse nuove sfumature e significati.
Cristiano ha il non facile compito di portare avanti un'eredità così imponente, espletato con una grazia e una potenza uniche: non si limita a riproporre le canzoni del padre, ma le interpreta con la propria sensibilità, arricchendole di un'intensità emotiva che le rende nuovamente vive.
Non è solo un bravissimo musicista polistrumentista, è un interprete che ha saputo fare suo il messaggio del padre, riproponendolo con una carica emotiva che arriva dritta al cuore.
Non un semplice ascolto, ma un'esperienza catartica, un ponte tra il passato e il presente, un tributo che non è una copia, ma un'evoluzione, un nuovo capitolo di una storia infinita. La sua musica è un atto d'amore verso un padre, un maestro e un'eredità che continua a emozionare, a far riflettere e a unire le persone. E dunque, un atto d'amore verso e per noi!
Concludono la serata il pensiero del cantante per la Palestina, i saluti alla amata terra sarda e un lungo applauso: non per uno spettacolo concluso, ma per ringraziare del viaggio interiore, che ha riportato tutti -sia chi nel periodo di Fabrizio c'era già che chi non c'era ancora- agli anni della giovinezza, degli ideali e della condivisione, con la consapevolezza che le canzoni di De André non sono solo musica, ma un patrimonio di pensieri e di sentimenti che continua a vivere e a ispirare.
Ancora una volta il Parco dei Suoni si è acceso e ancora una volta, al termine del concerto, si è spento... ancora una volta la sua anima, pur essendo di pietra, ha vibrato con le poesie musicali che raccontano la vita a tutto tondo, con le sue luci, le sue ombre... e le sue emozioni.



