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I dazi doganali al 30% imposti dall’amministrazione Trump non si limitano a colpire le esportazioni italiane. Potrebbero innescare una reazione a catena ben più ampia, con effetti che vanno dall’ulteriore apprezzamento dell’euro all’aumento dell’incertezza sui mercati finanziari, fino a un rincaro delle materie prime. Uno scenario che, secondo l’ultima analisi dell’Ufficio studi della Cgia, potrebbe costare al sistema produttivo nazionale fino a 35 miliardi di euro l’anno – una cifra che gli analisti definiscono senza mezzi termini “praticamente una manovra finanziaria”.
Ma se il danno complessivo è allarmante, è sul piano territoriale che emergono le criticità più marcate. A pagare il prezzo più alto, secondo la Cgia, saranno le regioni del Sud. E in particolare una: la Sardegna.
Con un indice di diversificazione dell’export pari a 95,6%, l’isola si conferma la regione italiana più vulnerabile alle restrizioni commerciali. Un dato che fotografa una struttura economica fortemente dipendente da un solo settore: quello della raffinazione del petrolio. Un’eventuale estensione dei dazi a nuovi comparti merceologici colpirebbe infatti in pieno l’export sardo, mettendo in crisi un sistema produttivo già fragile e scarsamente differenziato.
Subito dopo la Sardegna, a presentare gli indici di diversificazione peggiori sono Molise (86,9%) e Sicilia (85%), anch’esse segnate da una forte concentrazione settoriale: nel primo caso sui prodotti chimici, la plastica, gli autoveicoli e i prodotti da forno; nel secondo, ancora una volta, sulla raffinazione dei prodotti petroliferi.
In questo contesto spicca un’eccezione: la Puglia, che grazie a un livello di diversificazione relativamente elevato (49,8%) si posiziona al terzo posto su scala nazionale tra le regioni meno esposte agli effetti dei dazi futuri.
La mappa tracciata dall’Ufficio studi della Cgia conferma dunque quanto le politiche commerciali internazionali possano avere ricadute profonde e differenziate sul tessuto economico italiano. E segnala con chiarezza dove intervenire con urgenza per ridurre i rischi di uno shock asimmetrico: soprattutto in Sardegna, oggi l’anello più debole della catena.