"L'Architettura è l’insieme di tutte le architetture, è il processo storico attraverso il quale abbiamo sviluppato il tema dell’abitare in relazione al territorio.

Per quanto mi riguarda, l’architettura è il linguaggio artistico più vincolato da regole e limiti posti dal ruolo di un progetto. In un certo senso si può dire che l’architettura trovi la sua definizione nel non essere fine a se stessa, in quanto mera espressione di un concetto, e quindi anche nell’instaurare un ruolo concreto e tangibile nella vita delle persone".

In una società che va sempre più di fretta, con sempre minore attenzione al prossimo e ai dettagli, un ragazzo di vent'anni condivide il suo pensiero. Il suo nome è Davide Rawiri Atzeni, studia Architettura alla facoltà di Cagliari e ha appena inaugurato, assieme ai giovani colleghi e ai docenti responsabili, "Ismy": un progetto di riqualificazione urbana nel quartiere di Is Mirrionis, davanti alla ex scuola popolare, luogo-simbolo un tempo al centro della vita sociale del quartiere oggi abbandonato a sé stesso, con dispiacere per i residenti, che hanno accolto positivamente il lavoro dei ragazzi (che in prima persona hanno progettato, realizzato e assemblato le strutture di legno), intravedendovi anche un'occasione di rinascita della scuola e della piazza.

Lasciamo che sia Davide Rawiri stesso a dirci di più, incominciando proprio dalla sua scelta di intraprendere gli studi di architettura:m"Ho scelto questo percorso di studi in quanto coniuga la sfera umanistica con quella scientifico-teorica, il che promette un'apertura di vedute maggiore e non limitata da quello che può essere il solo progetto edilizio".

 

Come nasce e in cosa consiste Ismy, il progetto che avete appena inaugurato?

 

"Nasce come corso opzionale a cui gli studenti di architettura possono iscriversi su base volontaria. Il lavoro effettivo si sviluppa durante il secondo semestre di lezioni, durante il quale vengono organizzati dei laboratori per identificare il tipo di progetto che si vuole realizzare, sia nella forma che nella sua relazione col contesto nel quale viene inserito.  Questa fase del lavoro dura fino alla fine del semestre, dopo il quale -in seguito a un corso sulla sicurezza e a un tutorial sui metodi costruttivi- si passa all'effettiva apertura del cantiere. Nello specifico, questo lavoro a Is Mirrionis si distingue da quelli degli anni scorsi poiché collocato fuori da una sede universitaria, essendo perciò rivolto anche a una utenza differente".

 

Utenza che, come raccontavi, ha avuto un ruolo centrale nel progetto...

 

"Sì, secondo me è stata proprio l’utenza una delle parti più importanti di questo progetto: durante la fase di costruzione ci siamo trovati a poter interagire anche con coloro che, abitando in quella zona, sarebbero poi diventati i principali fruitori dello spazio. Possiamo dire che a un certo punto il progetto sia quasi diventato un pretesto per sviluppare un contatto con chiunque stesse vivendo, seppur in modo diverso, i lavori.

Ci è capitato più volte di parlare con i passanti che, per un motivo o per un altro, mostravano il loro apprezzamento verso il lavoro di noi ragazzi per poi arrivare in certi casi a raccontare momenti ed episodi personali di vita passata che li legavano al luogo in cui vivono, condividendo quindi dei pezzi di storia della comunità".

 

Perché hai scelto di partecipare? Che importanza hai visto nel progetto?

 

"Personalmente sono stato inizialmente attirato dalla componente pratica del lavoro che ci era stata promessa, soprattutto se messa in relazione con la teoria che abbiamo trattato durante gli altri corsi di studio. A posteriori, penso di poter dire che uno degli aspetti più formativi è stato quello di passare dalla fase di progetto “cartaceo” a quella della costruzione e vedere come diverse problematiche, che all’inizio possono passare inosservate, si palesano una volta che la struttura viene montata".

 

Cos'altro vuoi condividere della tua esperienza?

 

"È stata un'esperienza che definirei formativa, non solo in termini progettuali ma anche lavorativi e relazionali. Ritengo infatti che il mio corso di studi richieda, e richiederà in futuro per il mondo del lavoro, competenze necessarie a lavorare anche con gruppi particolarmente numerosi".