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Perché un conducente sia punibile per guida sotto l’effetto di stupefacenti serve un nesso temporale tra l’assunzione della sostanza e la guida, con effetti ancora in corso sulla capacità di condurre il veicolo. Lo chiarisce una circolare dei ministeri dell’Interno e della Salute, inviata a prefetti e questori dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della strada, che ha irrigidito le norme in materia.
La nuova formulazione, si legge, “punisce la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere da un effettivo stato di alterazione psicofisica”. Tuttavia, ciò implica “uno stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo”.
In altre parole, deve essere provato che l’assunzione sia avvenuta poco prima di mettersi alla guida, “tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida”. Le verifiche devono basarsi esclusivamente su analisi del sangue o del fluido del cavo orale, “le uniche matrici biologiche in cui la presenza di metaboliti attivi indica un effetto persistente”.
La presenza di tracce nelle urine, sottolinea la circolare, “non può essere indicativa di una intossicazione in atto”, ma può costituire un campanello d’allarme per avviare accertamenti sull’idoneità alla guida.