Nuoro

Covid, il Nursind scrive alla Procura. Mauro Pintore: “Situazione gravissima al Pronto Soccorso di Nuoro”

Un dettagliato e corposo esposto alla Magistratura su quanto sta accadendo in queste settimane al San Francesco

Covid, il Nursind scrive alla Procura. Mauro Pintore: “Situazione gravissima al Pronto Soccorso di Nuoro”

Di: Alessandro Congia


 Caos ambulanze al San Francesco, (a fine articolo, anche un video che documenta cosa sta accadendo nel piazzale esterno del presidio), personale medico-infermieristico stremato, carenza di posti letto e tanto altro.

“Nel presidio ospedaliero San Francesco di Nuoro dal 26 ottobre 2020, si registra una situazione particolarmente incresciosa e ciò in particolare per quel che concerne il reparto di Pronto Soccorso. Infatti la nuova organizzazione prevede che lo spazio della U.O. sia diviso in due blocchi, una zona Covid ed una non Covid (chiamato “PS pulito”), separate da una porta tagliafuoco. La zona PS-Covid comprende lo spazio tra la camera calda e la sala barelle e in questo blocco sono comprese: - La camera calda (ingresso delle ambulanze) - Tre ambulatori - Una sala triage - Una sala grigia, dedicata ai pazienti sospetti in osservazione - Una sala barelle, dedicata ai pazienti covid in attesa di accertamenti clinici e di posto letto”. 

L'esposto in Procura

Comincia così, nero su bianco, l’esposto inviato da Mauro Pintore, in  qualità di segretario territoriale dell’organizzazione sindacale Nursind di Nuoro:  “Sottolineiamo la mancanza di uno spazio al chiuso dedicato al pre-triage che, ad oggi – scrive Pintore - viene effettuato all’esterno dall’infermiere appartenente all’area del PS dedicata ai pazienti Covid, smistando gli utenti afferenti al PS, sospetti e non. 2 Questo comporta che la valutazione sullo stato di salute dei pazienti venga fatta a rischio di imprevedibilità climatiche, al buio nel caso del turno pomeridiano-notturno, esponendo pazienti e personale sanitario ad un alto rischio clinico. Ai pazienti sospetti, viene fatto il tampone rapido: dopo una attesa di circa 30’, se negativi, vengono invitati a recarsi verso la Hall, seguendo quindi un percorso alternativo che li conduce al PS “pulito”, creando ulteriori disagi. All’interno di questo blocco, la mancanza di spazi puliti e di un bagno dedicato al personale fa si che nelle 8 ore di turno, ore trascorse dal personale con indosso dispositivi di protezione come la tuta Covid, non sia possibile neppure fare una pausa o espletare bisogni primari, incidendo sullo stato psico-fisico dell’operatore. La svestizione viene effettuata nell’area covid in assenza di zona filtro e questa manovra aumenta drasticamente la possibilità di contagio. Ne è la prova la positività di tre infermieri e tra medici negli ultimi giorni”. 

Carenza posti letto 

La lunga lista denunciate in Procura dal sindacalista Nursind, Mauro Pintore, prosegue con “la carenza di posti letto Covid nel P.O. fa si che il PS sostino 20 o più pazienti in barella, anche per 24/96 ore, con tutte le difficoltà assistenziali per gli operatori, ed il forte disagio per i pazienti stessi. A rendere più difficoltosa la gestione e l’assistenza vi è la carenza di biancheria, presidi, dispositivi di protezione individuale, di monitor e di postazioni per l’erogazione di O2 ad alti flussi, sia in sala barelle che in sala sospetti. Il numero degli accessi in pronto soccorso è imprevedibile e questo numero va ad incrementarsi nelle ore in quanto, la presenza di un solo medico in turno rende difficile la presa in carico del paziente, rallentando il flusso. Da mettere in evidenza che in caso di bisogno e/o di necessità di esami strumentali e diagnostici, i pazienti Covid ed il personale ad esse dedicato, sono obbligati ad attraversare l’andito della zona pulita per accedere alla diagnostica, inquinando le varie aree “pulite”. L’area del cosiddetto “PS pulito”, invece, comprende: 3 - La zona OBI, composta da tre stanze - La sala medici - La cucina - Il bagno personale L’attività di pronto soccorso svolta in questa zona non ha i requisiti di sicurezza nè per gli operatori nè per i pazienti, in quanto: - I pazienti con codice rosso devono accedere dal PS Covid per una presa in carico più rapida, ed ogni qualvolta avvenga, questo determina una contaminazione del ps pulito, - La mancanza di una sala d’attesa per i codici verdi e bianchi impedisce all’infermiera/e triagista di fare la rivalutazione imposta per legge; - La dimensione della sala barelle per i codici gialli è insufficiente ad accogliere tutti i pazienti che accedono al PS, creando un sovraffollamento ed impedendo il distanziamento imposto dalle misure anti-covid; - Il triage viene fatto in una delle stanze OBI (la n.2) che però, spesse volte, per mancanza di spazi, è già occupata da pazienti sotto monitoraggio, eludendo la privacy; - E’ presente una sola postazione PC, che viene utilizzata sia dal medico che dall’infermiere/a, rallentando l’attività; - Il turno è composto da un medico, due infermieri e due ausiliari oggettivamente insufficiente per il carico di lavoro e gli spazi insicuri ed inadeguati; Si sottolinea – aggiunge sempre Pintore nell’eposto-denuncia - che questa area è priva di bagno per i pazienti in attesa. Attualmente l’organico complessivo delle due aree PS è di 30 infermieri, di cui attualmente tre positivi, 10 medici h24, di cui attualmente 3 positivi, 1 medico f/f, 8 OSS e personale ausiliario del quale non si è a conoscenza del numero effettivo presente. Si registra dunque una violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro ex art. 2087 c.c. ed ex lege 81/2008. 4 Si rammenta in proposito che l’art. 2087 c.c. recita testualmente: “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Si richiama altresì l’attenzione sulla recentissima sentenza n. 16869/2020 della Cassazione Civile sez. Lavoro che in effetti accentua la responsabilità del datore di lavoro, che non può considerarsi liberato dalla dimostrazione di aver predisposto le specifiche e necessarie misure di sicurezza, non ricadendo sul lavoratore l’onere di allegazione, che grava solo ed esclusivamente sull’imprenditore. A quanto detto aggiungasi che la situazione è ormai cronica e può avere gravi ricadute sulla stessa salute dei pazienti. La sola potenzialità del rischio, sia per il lavoratore che per l’utenza, costituisce fonte di responsabilità, sia contrattuale, che penale, da parte del datore di lavoro” - ha concluso Mauro Pintore. 

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