In Sardegna

Un tempo in Sardegna il Capodanno si festeggiava a settembre

Fino al Medioevo in Sardegna esisteva il Capodanno settembrino, fortemente legato all'influenza bizantina e alla cultura agropastorale radicata nell'isola

Un tempo in Sardegna il Capodanno si festeggiava a settembre

Di: Giammaria Lavena


Quella di Capodanno è una delle notti più attese in tutto il mondo. Un passaggio di consegne, fra il vecchio e il nuovo anno, che nell'immaginario collettivo rappresenta simbolicamente un nuovo inizio, la realizzazione di nuovi sogni e la maturazione di nuovi propositi. I fuochi di Capodanno illuminano i cieli, i brindisi e i cenoni, i concerti e le feste; e così si accompagna l'alba del primo di 365 giorni. Ma non in tutto il mondo l'ultimo giorno dell'anno coincide con il 31 dicembre.

Infatti la data dell'evento può variare a seconda della particolare cultura e religione: il Capodanno cinese, o capodanno lunare, per esempio si festeggia in diversi paesi dell'estremo oriente (tra cui Cina, Giappone - limitatamente a Okinawa -, Corea, Mongolia, Nepal, Bhutan) in corrispondenza del novilunio che cade tra il 21 gennaio e il 20 febbraio; in Bangladesh e altre aree asiatiche si celebra il 14 aprile, (o secondo il calendario lunisolare bengalese), il Pahela Baishakh, il capodanno del popolo bengalese; Enkutatash è il Capodanno etiopico, datato 11 settembre; o ancora, l'anno nuovo indù si festeggia due giorni prima di Diwali, il festival della Luce, cioè a metà novembre. Ma sono svariati gli esempi che dimostrano come il Capodanno, a seconda della storia e della cultura di un Paese, possa essere celebrato in mesi e stagioni differenti.  

CAPODANNO SETTEMBRINO. Anche in Sardegna ci fu un tempo in cui si festeggiava in un periodo che oggi riterremmo insolito. Fino all'epoca medievale, infatti, il Capodanno sardo si festeggiava nel mese di settembre, che non a caso veniva e viene tutt'oggi chiamato Cabudanni. Il motivo della celebrazione in questo periodo è da ricercare nella forte vocazione agropastorale, nello stesso periodo in cui l'Isola si trovava sotto la dominazione bizantina. L'influenza dell'impero orientale portò la Sardegna ad adottarne il calendario, che a differenza di quello gregoriano iniziava il 1 settembre e terminava il 31 agosto. E' in questa stagione che si svolgeva l'ultimo ciclo di rotazione delle colture.

Le annate venivano pertanto scandite dai ritmi della terra, dai battiti della natura e dal proficuo rapporto che l'uomo aveva con essa. In un passo del saggio intitolato “Il Folclore sardo”, scritto nel 1957 dall’antropologo e filologo e letterato cagliaritano Francesco Alziator, si legge: “Per i sardi l’anno non comincia a gennaio; esso inizia invece a settembre e solo i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio, e cioè cinque su dodici, hanno nomi uguali a quelli usati dalla maggior parte della cristianità; gli altri sette hanno nomi particolari, usati solo nell’Isola e neppure in tutta l’Isola, ma solo in certe zone e talvolta assai limitate. […] Il calendario sardo appare come l’espressione di un popolo essenzialmente dedito all’agricoltura”.

USAZANZE DI CAPODANNO. Come ogni festa in Sardegna, anche a questa erano legate usanze e tradizioni ben auguranti. Se ne ha traccia negli scritti e nella letteratura sarda, e in buona parte nei racconti di Grazia Deledda, che alla cultura isolana e alla sua più primordiale essenza ha dedicato tutta la sua attività letteraria. Una di queste era su calendariju, calendarzu o calendarìa, che ogni anno si ripeteva l'ultimo giorno in Sardegna. Benetutti è uno dei pochi centri che continua a celebrare questa ricorrenza: dalle prime ore del mattino e fino all’una, i bambini bussano alle porte del paese presentandosi con una federa bianca da riempire di dolciumi, frutta secca e a talvolta qualche moneta.

A Orgosolo veniva chiamato candelarìa, e ai bimbi venivano offerti biscotti, frutta e un pane tradizionale, a base di farina di grano duro, lievito, acqua, sale e strutto, chiamato cocòne. Anticamente si svolgeva anche di notte, ma i protagonisti erano adulti e poveri che, servendosi del buio, potevano camuffare la loro identità ed evitare così che si sapesse in paese. Queste e tante altre le usanze che hanno fatto e fanno parte del Capodanno isolano, che oggi è ben di verso da quello celebrato in passato, che si avvaleva di forti influenze della tradizione e che racconta una parte di storia e cultura dell'Isola.

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