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Festa della Repubblica, perché si festeggia il 2 Giugno

Al conteggio finale, la differenza premiò gli elettori che votarono per la Repubblica con un margine risicato quanto decisivo: 12.718.019 contro 10.709.423.

Festa della Repubblica, perché si festeggia il 2 Giugno

Di: Dante Tangianu


Oggi, 2 giugno del 2020, ricorre l’anniversario della nostra Repubblica.

Nello stesso giorno, 74 anni fa erano in corso le votazioni che avrebbero decretato, dopo la fine cruenta della dittatura fascista di un anno prima, anche il passaggio dalla forma monarchica a quella repubblicana. Non fu una vittoria facile. Viceversa, fu sofferta e incerta fino all’ultimo. Al conteggio finale, la differenza premiò gli elettori che votarono per la Repubblica con un margine risicato quanto decisivo: 12.718.019 contro 10.709.423

Fu nelle regioni dal Lazio in giù, comprese le Isole di Sicilia e Sardegna, che prevalsero i consensi per la conservazione dello Stato monarchico.

La vittoria repubblicana segnò l’inizio di una nuova era, di quella svolta storica  coincisa con la fine del ventennio fascista

La repubblica era nata, ma doveva crescere, e in fretta.                              

Dalla consultazione referendaria dovettero passare, però, ancora 18 mesi prima che l’Assemblea costituente predisponesse la nuova Carta costituzionale, che, infatti, entro in vigore soltanto il 1° gennaio del 1948.

D’altra parte, rifondare uno Stato ripartendo dalle macerie del secondo conflitto mondiale e dall’ansia di riconfigurare radicalmente il governo del Paese, era un’impresa difficilissima e per tanti motivi. Tra questi, le nostalgie monarchiche, ma non solo, espresse in modo esplicito attraverso il voto, non favorirono il lavoro dell’Assemblea Costituente. La quale, però, ebbe la fortuna di far coagulare intorno a se stessa le forze e le energie da contrapporre a qualsiasi tipo di freno che potesse condizionare, nel tempo e nei contenuti, i progetti e le finalità della stessa Assemblea.  La volontà fu quella della stesura di una Carta Costituzionale che fosse una guida sicura per dare all’Italia una forma di Stato e di governo basata indissolubilmente su principi etici e democratici che a loro volta racchiudessero profondi valori di giustizia, di libertà e uguaglianza.

Principi e valori che durante i 74 anni della nostra vita democratica non hanno avuto un futuro facile. Troppi rigurgiti da ancienne regime o da altre spinte di destabilizzazione di frange di generazioni più giovani, alimentate molto spesso da sogni lontani da una concezione di equilibrio della vita e del mondo.

Attentati, stragi, e trame eversive hanno caratterizzato una strada sempre in salita sul terreno della vita democratica del Paese.

Dunque, le stagioni successive alla nascita della Repubblica, che costò la vita di servitori dello Stato e inermi cittadini, hanno messo a dura prova le fragilità fisiologiche di un nuovo sistema democratico orientato verso il contemperamento delle le diverse filosofie politico-sociali ed economiche di una classe politica troppo spesso orfana di quell’unità nazionale consegnata agli italiani dall’esperienza della dittatura e della guerra.

Eppure, di fronte anche ai più preoccupanti sbandamenti, causati troppe volte anche da mine vaganti all’interno delle stesse istituzioni, lo Stato ha, però, retto e respinto le minacce: a salvarlo è stato sempre lo spirito democratico degli italiani, inteso come forza  prevalente nel Paese, che bene recepirono, dal ’48 in poi, il significato  quei pilastri fondamentali di vita civile dell’impalcatura costituzionale.

Merito degli architetti della Costituente che li hanno costruiti, ovvero uomini politici straordinariamente capaci, ancorché di provenienza politica diversa, di mettere, nell’immediatezza della fine del conflitto mondiale, al sicuro principi e valori inattaccabili nel tempo.

Nulla, però, nonostante le vittorie della società sul terreno della democrazia, che pure hanno rappresentato la molla per progredire sempre di più, nella storia dell’umanità può essere dato per scontato. Capita perciò, che certi fatti o accadimenti imprevedibili per l’uomo, non lo siano, invece, per la legge della natura e che possono essere addirittura conseguenti all’azione dello stesso uomo quando egli medesimo non abbia consapevolmente agito a misura delle sue possibilità.

Ci riferiamo alla pandemia che, partita dalla Cina, dal mese di febbraio ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo ad iniziare dal nostro Paese, il primo a seguire la stessa Cina. Da noi oltre trentamila morti, con il coronavirus ancora letale e un Paese allo stremo che, comunque, si prepara ora a riaprire dopo i giorni interminabili di chiusura totale.

Ecco perché la giornata di oggi non è stata preceduta dai consueti preparativi della nostra Festa del 2 giugno. Le cerimonie sono ridotte all’essenziale, ma non mancherà in ciascuno di noi l’emozione di sempre.

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