In Sardegna

Il culto dell'acqua in Sardegna: fra statue, templi e pozzi sacri

Perché in antichità l'acqua era venerata a tal punto da diventare oggetto di culto? A cosa servivano i pozzi sacri giunti sino ai giorni nostri? Testimonianze e leggende di una Sardegna millenaria

Il culto dell'acqua in Sardegna: fra statue, templi e pozzi sacri

Di: Giammaria Lavena


L’acqua è universalmente riconosciuta come simbolo di vita e testimonianza di fertilità. Sin da tempi remoti è stata associata alla bontà o all’ira degli dei, provocando nell’uomo ammirazione e allo stesso tempo timore reverenziale. Per questo motivo in molte aree della Terra è nato un vero e proprio culto delle acque, risalente alla preistoria. Anche la Sardegna, terra millenaria e storicamente teatro di superstizioni e antichi rituali, ha conosciuto questo tipo di celebrazioni. Racconti, leggende, testimonianze storiche e architettoniche: tutto rimanda al ruolo centrale di questo elemento nella storia dell’Isola sin dal Paleolitico.

Innumerevoli le costruzioni dedite al culto dell’acqua in Sardegna, giunte sino ai giorni nostri. Templi, pozzi sacri e statue, siti archeologici ma anche documenti storici. E’ in epoca nuragica che i rituali si sviluppano definitivamente, dando vita alla comparsa dei pozzi e alla creazioni di bronzetti spesso ritrovati proprio vicino a questi luoghi di culto. Queste suggestive sculture in bronzo rappresentano guerrieri, arcieri, figure femminili o antropomorfe, eroi. 

DUPLICE CULTO. Il culto dell’acqua in Sardegna assume diverse sfaccettature, a seconda del contesto e dei personaggi. Per molto tempo sono stati prevalentemente due i culti celebrati: quello delle acque freatiche o di fonte e quello delle acque piovane. Il primo era prediletto dai pastori, che ritenevano che l’acqua di fonte, poiché era generata direttamente dalla Madre Terra, non fosse soggetta al ristagno, e quindi essenzialmente più pura. Il secondo era sostenuto principalmente dalle popolazioni dedite all’agricoltura, che nelle acque piovane individuavano la prova evidente del sostegno e della benevolenza degli dei.

I POZZI SACRI. L’acqua, come accennato, era dunque simbolo di fertilità e salute, di vita. Fondamentale in questo contesto il ruolo dei pozzi sacri, luoghi di raccolta dei pellegrini che giungevano da ogni dove. Qui un sacerdote era incaricato di raccogliere le offerte per le divinità, e fungeva inoltre da intermediario con queste ultime, occupandosi inoltre della benedizione dei devoti e talvolta del giudizio di essi. Il pozzo poteva pertanto diventare anche “tribunale” in cui si praticava l’ordalia, tramite la quale innocenza o colpevolezza venivano testate tramite ardue e dolorose prove.

Ad oggi, in Sardegna sono ancora visibili numerosi pozzi sacri (circa quaranta), che rappresentano alcune fra le più complesse architetture dell'antica area occidentale del Mediterraneo. Fra questi si annoverano: il santuario di Santa Cristina a Paulilatino, caratterizzato da un tempio a pozzo composto da un atrio e da una camera con struttura circolare a “tholos” contenente la fonte sacra; il santuario di Sant’Anastasia ad Ardara, che replica la medesima struttura e che contiene la sorgente d’acqua; il complesso de “Su Tempiesu” ad Orune, il cui pozzo è situato all’interno di un antico tempio con vestibolo frontale e scala a pianta trapezoidale, tramite la quale si giunge all’interno della camera principale; il santuario di Santa Vittoria di Serri: qua il pozzo non raggiungeva la falda, ma era alimentato da fori praticati nella muratura che raccoglievano l’acqua piovana.

LEGGENDE. Ma sono decine e decine gli esempi, da Bonorva a Teti, e ancora Dorgali, Guasila, Guspini, Perfugas, Orosei, Alà dei Sardi e tanti altri. Tante anche le leggende attorno a queste fonti d’acqua: si raccontava ad esempio che vi albergassero spiriti maligni, oppure guardiani protettori dei pozzi. Una delle più celebri è quella delle panas, le anime delle donne morte di parto, le cui anime si pensava vagassero lungo le rive dei fiumi per lavare i panni dei loro figli. Disturbare questi spiriti poteva costare la vita ai malcapitati.

Le tracce di questo culto arcaico, dunque, sopravvivono tutt’oggi, non soltanto in forma architettonica, ma anche per via orale, tramite racconti e credenze che hanno solcato i millenni, contribuendo a conferire all’isola una patina misteriosa e affascinante che la consegna alla storia come terra di grandi accadimenti, di eventi che superano persino la ragione e la comprensione umana, e che hanno forgiato l’antica civiltà nuragica, devota agli dei e all’acqua in tutte le sue forme.

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