Cagliari

Daniela Poggi in Sardegna. L’abbiamo intervistata per voi

La splendida attrice ha portato nell’Isola lo spettacolo “Figlio non sei più giglio”. Abbiamo avuto il piacere di una chiacchierata-racconto

Daniela Poggi in Sardegna. L’abbiamo intervistata per voi

Di: Enrico Bessolo


Daniela Poggi è uno dei nomi che da sempre lampeggiano nel panorama artistico nazionale: per la poliedricità e il talento, per essere stata al timone dei programmi televisivi più seguiti, per aver dato lustro al cinema e al teatro con le sue interpretazioni, per aver impresso storie e pensieri su carta nel suo ruolo di autrice, per essere protagonista di successo in tutto quello che fa.

È la donna che sta dietro lo schermo e i riflettori quando si spengono a brillare di sensibilità e carisma che fanno di lei un essere davvero speciale.

Ritorna nell’Isola con lo spettacolo “Figlio non sei più giglio”, monologo della madre di un femminicida -con l’accompagnamento musicale di Mariella Nava- che pone un interrogativo: come comprendere il gesto e trovare spazio per il perdono? Mentre le armonie di Mariella cercano di scavare nei nostri cuori, guidate dall’attualità, Daniela -con la sua “Bottega” - cerca di dare risposta ai bisogni più profondi del nostro io e della società, richiamando la paura di una solitudine interiore che non giova a nessuno, che spesso aliena ogni rapporto interpersonale, dove si rischia addirittura di non guardarsi più negli occhi,

Per concludere l’esperienza sarda, dopo i due appuntamenti (21 marzo a Cagliari e 22 marzo a Palau) che hanno riscontrato grande successo tra il pubblico isolano e non solo, abbiamo avuto il piacere di una chiacchierata-racconto con la protagonista Daniela Poggi.

Come nasce l’idea di questo spettacolo?

“Nasce da un mio sentimento, evocato dalla Passione della Vergine Maria ai piedi di Cristo crocifisso. Ho pensato, un po’ come almeno una volta ognuno di noi ha fatto, alla morte di quella figura maschile che è Gesù Cristo, ma anche al fatto che praticamente nessuno entra nel cuore e nel dolore della Madre, Maria.

Quando poi ho pensato di toccare il tema della violenza di genere, ho riferito alla scrittrice e drammaturga Stefania Porrino la volontà di rappresentare il dolore della madre di un colpevole. Ecco il passaggio da Maria Vergine, madre di un innocente, alla protagonista del mio spettacolo “Figlio non sei più giglio”, madre di un colpevole. Stefania ha preso spunto dal “Pianto della Madonna”, lauda drammatica di Jacopone da Todi, io ho chiesto a Mariella Nava se avesse piacere di partecipare -inserendo nel testo anche le sue sensazioni ed emozioni e e così, lavorando tutte e tre assieme, abbiamo dato forma al progetto”.

Progetto che, come ha confermato il pubblico in questi due appuntamenti e non solo, è riuscito a cogliere nel segno! A proposito di Mariella Nava, il vostro rapporto è stato un bellissimo esempio di collaborazione al femminile non solo tra due grandi artiste ma tra le vostre profonde sensibilità. È nato con questa collaborazione o aveva dei precedenti?

“Conoscevo Mariella come artista, come poetessa musicale, perché per me la sua musica -al di là della composizione musicale- è poesia! Ho sempre pensato che un giorno sarebbe stato bello lavorare con lei, anche perché spesso e volentieri porto in scena lavori teatrali che sono accompagnati dalla musica. E dunque la seguivo più che altro come fan, sperando che un giorno ci fosse l’occasione… che poi è arrivata, grazie ad una cara amica che aveva il contatto di Mariella e mi ha permesso di proporle il progetto”.

Un grande ritorno in Sardegna. Che rapporto ha con la nostra Isola?

“Un rapporto di grandissimo amore! Ho conosciuto la Sardegna che avevo soltanto 17 anni, grazie a mio padre. Per anni ho trascorso meravigliose vacanze in quella zona stupenda e meravigliosa che è la Costa Smeralda, poi ho cominciato a venire con le compagnie teatrali a Cagliari, Sassari, Alghero, Nuoro… sono stata madrina di parecchi eventi, ricordo -per esempio- nei primi anni ‘80 Sa Ferula (organizzata da Biagio Arìxi), con migliaia di persone all’Anfiteatro Romano di Cagliari. Due anni fa ho presentato a Pattada il mio libro “Ricordami” [un catartico racconto del toccante percorso affrontato da Daniela con la madre affetta da Alzheimer, ndr].

E non posso non citare il legame col poeta e scrittore Biagio Arìxi, amico da una vita, con Luisa Saba, cara signora di Ozieri, e tutta la sua famiglia e con Christine Lauret, giornalista-scrittrice francese ma trasferitasi da diversi anni in Sardegna. Insomma… è una terra affascinante, come mi ha potuto riconfermare il viaggio fatto Venerdì da Cagliari a Palau: panorami stupendi, dal mare all’intensa vegetazione, forte e oscura ma simbolo di una natura vera! È un peccato che sia difficile da raggiungere, per scarsità di trasporti e prezzi elevati che impediscono a noi del continente di trascorrere dei meravigliosi fine settimana in Sardegna. Sinceramente questa preclusione mi rattrista molto e la Regione Sardegna -o chi per essa- dovrebbe attivarsi per rendere questa magica terra più facilmente raggiungibile”.

Sfonda una porta aperta! Ha citato Biagio Arìxi, ci potrebbe raccontare un ricordo o un aneddoto di quei tempi?

“Quando le persone si incontrano e riescono a mantenere un rapporto nell’arco di tanti anni significa che quello è stato un incontro importante! Vuol dire che c’erano scambi intellettuali, culturali, emozionali… che c’era la voglia di vivere e di provare a creare un mondo migliore, dando anche qualcosa di noi perché tutto possa essere bello sempre.

In una frase: sono stati i migliori anni della nostra vita! Forse perché eravamo giovani, forse perché tutto era più semplice, forse per un maggior entusiasmo esistenziale… si percepiva una voglia di stare bene, abbiamo passato serate straordinarie, a ballare, ridere e scherzare.

C’era quel tocco di leggerezza necessaria a dare un senso e la vita non era così pesante come ce la siamo ritrovata nel tempo a venire. Poi, la leggerezza può esserci anche quando si ha un’età diversa, però di quei tempi ricordo proprio il diverso entusiasmo nel fare le cose, una diversa attenzione alle proposte che venivano fatte, magari anche per la diversa realtà culturale ed una maggiore libertà d’azione, con interlocutori -sotto un certo profilo- più capaci. Adesso, per esempio, mi sembra che la politica gestisca tutto in maniera eccessiva e non ci si riesca più a muovere con la necessaria libertà”.

Che messaggio vorreste lasciare con questa esperienza teatrale?

“Vorremmo gettare dei piccoli segnali nel cuore delle persone, ponendo una riflessione su chi siamo noi. Noi come persone, noi come società, noi come donne e uomini, noi come madri e padri, noi come figli e genitori… siamo veramente capaci di creare una relazione con l’altro? Che cos’è il perdono? È possibile perdonare veramente, intensamente, profondamente quello che è un atto di efferata crudeltà come un femminicidio compiuto da un figlio. E, soprattutto, guardiamoci negli occhi. Bisogna relazionarsi all’altro guardandosi negli occhi, perché l’altro è un essere prezioso! E negli occhi dell’altro possiamo leggere la storia che sta vivendo, possiamo leggere le sue emozioni, possiamo provare ad entrare nella sua mente e nel suo cuore. Mentre se rimaniamo sempre attaccati soltanto al nostro ombelico, limitati ai nostri stress ed ai nostri cellulari, quella persona diventa qualcuno estraneo a noi. Vogliamo invitare a riflettere veramente: pensiamo sempre che sia colpa degli altri… ma la colpa è di tutti! Soprattutto di un’intera società che non è più capace di dare ascolto a chi è intorno a noi”.

Foto copertina tratta da Fb Daniela Poggi

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