Cagliari

Flamenco: arte, sentimento, emozione, vita

Valentina Pilia, bailaora, studiosa di flamenco e antropologa, porta a Cagliari la cultura flamenca e ci invita a scoprirla presso la sua scuola

Flamenco: arte, sentimento, emozione, vita

Di: Enrico Bessolo


“Il corpo esprime ciò che l'anima riflette. Il flamenco è una cultura: racconta una storia, racconta dei momenti di vita di tante persone che hanno potuto esprimere i propri sentimenti: dolore, gioia, stupore… ho visto persone emozionarsi e sentirsi vive, maneggiando uno strumento espressivo nuovo e a tutto tondo. Non date retta alle paure, buttatevi nel flamenco! Vi si aprirà un mondo di possibilità, di scoperta, di forza e di passione. A prescindere che vogliate continuare col flamenco o meno, a prescindere da età ed obbiettivi, lo spirito che se ne trae risulta utile nella vita.”

Comincia così la chiacchierata-racconto con Valentina Pilia, studiosa e bailora che del flamenco ha fatto una professione, un percorso di vita e, ciliegina sulla torta, un’innovativa tesi di laurea in Antropologia Culturale.

La incontriamo di rientro dall’ennesimo viaggio a Siviglia, patria del flamenco dove Valentina ha vissuto e studiato, in occasione dell’apertura della sua scuola di danza a Cagliari. Il progetto nasce proprio dall’unione dell’amore per la sua terra e di quello per il che Valentina ha voluto condividere con noi.

Valentina, come inizia il tuo viaggio nel flamenco?

“L’ho scoperto, per caso, da bambina: alla scuola elementare avevano organizzato un corso di flamenco tenuto da una maestra bailora. Quel momento mi lasciò impressi vividi ricordi: gonne, scarpe, ritmicità… restammo tanto colpiti da questo calpestare la terra e creare un suono col mio stesso corpo. In Sardegna, però, non c’è stata la possibilità di approfondire e sperimentare.”

E poi?

“Il mio percorso di studi in Antropologia Culturale mi ha portata a Bologna. Qui ho trovato una scuola di flamenco e l’opportunità di approfondire. Non è che la cercassi, in realtà, ma avendo sempre danzato mi sono messa alla ricerca di una scuola e ho trovato proprio questa grande scuola di flamenco, che ospita artisti emergenti ma anche artisti di rilievo. Mi svegliavo alle 6 di mattina per studiare flamenco ed allenarmi, prima di andare a lavoro e poi all’università. Il progetto, tenuto dalla maestra Ada, si chiama Los viernes en la cueva ed ha rilevanza nazionale! Ho avuto la possibilità di assistere a dei Tablao, spettacoli flamenchi tradizionali, con l’accompagnamento dal vivo della chitarra… ancora ricordo le emozioni.”

Inizi quindi a collaborare con la maestra… e poi il grande salto.

“Il livello delle sue lezioni è sempre elevato e mi ha coinvolto al punto da tale che ho iniziato a collaborare con Ada e l’organizzazione. Terminato il mio percorso di studi, nel 2016 ho deciso di trasferirmi a Siviglia per dedicarmi solo al flamenco. Per quanto esso sia diffuso e ad alti livelli in tutto il mondo, Siviglia ne rimane la patria: pur essendo città aperta e cosmopolita, ha mantenuto una tradizione molto forte a livello religioso, artistico e culturale di cui, appunto, il flamenco fa parte. È un’arte a tutto tondo che include danza, musica, canto, elementi accessori (nacchere, ventaglio, il mantòn ossia lo scialle, la bata de cola ossia la gonna lunghissima che usano le ballerine, nata per uscire in occasioni speciali e inglobata nel flamenco).

Un’esperienza che ricordi con particolare emozione?

“Quando ricevetti una borsa di studio per frequentare, in Svizzera, le lezioni di una maestra internazionale. Io ero ad un livello iniziale, la mia maestra volle premiarmi e credere nel mio talento… e per la prima volta vedi appagati detti sforzi e mi sentì spronata a migliorare!”.

Come nasce il “tuo” ponte tra Siviglia e Cagliari?

“Durante il percorso a Siviglia, ho deciso di aprire una parentesi nella mia città. Il flamenco appartiene ai gitani, ma la filosofia flamenca è proprio di far avvicinare tante persone che poi si sentono parte di questa cultura. Ho voluto dunque aprire una finestra, una passione, non facile per la nostra cultura. Ho tentato di dare una possibilità che a suo tempo io non avevo trovato: avvicinarsi ad un modo di concepire la vita. Perché il flamenco non è solo danza ma anche musica, canto e spiritualità. Ci sono più di 50 tipi diversi di flamenco, detti palosAlcuni son legati a temi di allegria, altri di solitudine (palos de soledad); abbiamo poi i palos di Martinette, canzoni cantate durante il lavoro in miniera (tema importante anche nella nostra isola) che raccontano della morte in miniera, del duro lavoro… insomma, rimandano alla sofferenza. Ma ci sono anche quelli più allegri: tango, buleria (burla, si balla improvvisando e prendosi gioco di sé e degli altri), palos de ida y vuelta (di andata e ritorno, legati ai viaggi. I gitani andavano in contesti diversi dalla Spagna, assorbivano le danze e le “flamenchizzavano”, conferendo appunto caratteri flamenchi. Un esempio, la Guajira, originaria di Cuba). Comunque, il lavoro e la passione han dato i loro frutti: si è creato un bel gruppo -partito da zero- e siamo riusciti anche ad ospitare artisti esteri, organizzando spettacoli e creando un ponte che si mantiene anche quando rientro -per la seconda volta- a Siviglia.”

Leggendo i tuoi lavori, con l’impronta da antropologa, sul flamenco, sono rimasto colpito dal possibile potere terapeutico…

“È uno degli aspetti più affascinanti di questa arte, di questa filosofia di vita, su cui ho incentrato la mia tesi magistrale, partendo dal potere terapeutico del flamenco in un contesto diverso da quello di origine… cos’è il flamenco per altre culture? Ci sono storie di pazienti che sono riusciti ad uscire dall’anoressia: il flamenco è aperto ad ogni tipo di fisicità e corporatura, ognuno può esprimere la propria potenzialità (laddove altri stili, come la danza classica, non lo permetterebbero). Si apprende un nuovo canone di bellezza, di espressione, di femminilità, preclusi -magari- da altre arti o forme espressive. Ci sono state pazienti che hanno inserito il flamenco nel percorso di riabilitazione da un tumore al seno, riscoprendo soprattutto la propria femminilità ed autostima. Nelle mie lezioni ci tengo molto a valorizzare il potere che di questa danza popolare, nata per superare momenti difficili.”

E che sfocia in un forte potere sociale, giusto?

“Si entra in un ambiente che aumenta l’autostima. Pochi conoscono questo aspetto: tutte le persone intorno a te ti incitano, ti fanno dei complimenti. Questo “fattore” si chiama jaleo, un riconoscimento per chi sta ballando, suonando o cantando, per stimolarlo a divertirsi ma anche a migliorare, e ringraziarlo per quello che sta facendo.”

E adesso, rientrata dall’ennesimo viaggio a Siviglia, cominci un nuovo ciclo di lezioni nella tua Cagliari...

“Come dicevamo prima, per me è molto importante il costante aggiornamento e contatto con artisti e maestri internazionali, per questo ogni tre mesi -più o meno- viaggio. Quando si balla c’è un codice che, con tutte le variabili del caso, ha comunque un che di standard. Quando si insegna, invece, l’esperienza è assolutamente soggettiva: entrano in gioco la propria empatia, emotività, percorso di vita. Questo corso è il primo di un nuovo ciclo, sono previsti workshop con ballerini e musicisti da Siviglia. Chi vorrà studiare con noi lo potrà fare con un quadro flamenco vero e proprio, che è la novità: dare la possibilità di conoscere la danza non solo a livello tecnico ma a livello globale, con gli strumenti dal vivo e gli artisti professionisti di Siviglia.”

Valentina, un messaggio per chi vorrebbe approcciarsi al flamenco?

“Il flamenco è per tutte le età. Si può intraprendere questo percorso per volontà di conoscere una nuova arte, che può stimolare a livello fisico (danza) che musicale. O come occasione di socialità! Ballando il flamenco si impara una struttura ritmica, con i piedi si crea un suono, con il corpo un’espressione, con la voce un suono e con l’anima un’emozione. Iniziando da bambini c’è una grande possibilità di familiarizzare con qualcosa che ha il tempo di crescere ed essere alimentato e magari diventare professione. Da bambini si sviluppa una psicomotricità che torna utile su vari ambiti, maggiore concentrazione e mobilità fisica. Ma lo si può iniziare anche da grandi: ci sono stati allievi che hanno iniziato ad 80 anni! Non date retta alle paure, buttatevi nel flamenco! Vi si aprirà un mondo di possibilità, di scoperta, di forza e di passione. A prescindere che vogliate continuare col flamenco o meno, a prescindere da età ed obbiettivi, lo spirito che se ne trae risulta utile nella vita! Os espero, vi aspetto!”. 

Siete tutti invitati alla lezione di prova alle 17, in via Ada Negri 28. Per chi avesse piacere di continuare, le lezioni si terranno il lunedì ed il mercoledì, con 3 corsi: bambini, principianti e intermedio-avanzato.

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