Bono

Giovanni Maria Angioy, chi fu il patriota protagonista dei moti rivoluzionari sardi

Originario di Bono. Prima funzionario del Regno di Sardegna, si ribello ai Savoia dopo i vespri sardi divenendo un simbolo dell'autonomismo e dell'indipendentismo isolano

Giovanni Maria Angioy, chi fu il patriota protagonista dei moti rivoluzionari sardi

Di: Pietro Lavena


Giovanni Maria Angioy nacque a Bono il 21 ottobre 1751 dai nobili Pier Francesco e Margherita. Ancora giovanissimo rimase orfano di madre e di padre.

FORMAZIONE E CARRIERA ACCADEMICA. Si occupò della sua formazione il fratello della madre, il sacerdote don Taddeo Arras, che fu anche il suo primo maestro di grammatica. Per gli altri insegnamenti di Lingue e di Belle arti fece invece riferimento ai padri mercedari presso la scuola con sede presso la chiesa-convento della Vergine della Mercede a Bono.

Continuò gli studi presso il collegio Canopoleno e poi all’Università di Sassari. Inviato dallo zio Taddeo a proseguire gli studi presso l'ateneo cagliaritano, conseguì la laurea nel 1771. A Cagliari intraprese la pratica forense presso lo studio dell’avvocato Salvatore Nieddu Minutili, zio della madre, ma, dopo un breve periodo di libera professione, Angioy interruppe quell'esperienza per dedicarsi all’insegnamento universitario. Nel 1773 fu nominato alla cattedra di Istituzioni civili e nel 1776 a quella di Digesto.

MAGISTRATURA. Fu giudice della Reale Udienza e di assistente del reggente la Reale Cancelleria. La docenza universitaria rappresentò un trampolino di lancio per salire ai vertici della magistratura. Divenne presto coaggiunto nella Sala Civile, uno dei due rami della Reale Udienza, il massimo organizmo giudiziario dell'Isola. Il 13 giugno 1781, poi, si sposò con Anna Belgrano. Nel 1786 divenne sostituto avvocato fiscale.

Tra la fine del 1789 e gli inizi dell'anno successivo si dedicò alla coltivazione del cotone e dell'indaco, che venivano trasformati in una manifattura nella quale produceva guanti, coperte, calze e berretti. Il 9 dicembre del '91 morì la moglie che gli aveva dato tre figlie.

Quando le flotte francesi attaccarono la Sardegna nel golfo di Cagliari nell'inverno del 1792, Angioy raccolse dai privati le offerte per la difesa della città occupandosi della sistemazione delle milizie del Goceano arrivate in città sotto il comando dello zio, Taddeo Arras.

Nell’agosto del 1794 venne inviato in missione ad Iglesias, scortato a causa delle proteste della popolazione locale per la mancanza del grano. Angioy, oltre a dare disposizioni sugli approvvigionamenti e per l’istituzione di un corpo di barracelli, cercò di regolarizzare le modalità di riscossione del donativo.

L'ESPERIENZA A SASSARI. Il Logudoro era intanto scosso dall’agitazione antifeudale e gli Stamenti proposero al viceré Vivalda di nominarlo Alternos con l’incarico di ristabilire l'ordine al Nord. Con questa nomina egli diventò, quanto ad autorità, secondo soltanto al viceré. Il 3 febbraio 1796 la proposta fu accolta e il 13 dello stesso mese partì per Sassari insieme al parroco di Torralba, Francesco Sanna Corda ed altri. Nel corso del viaggio venne accolto trionfalmente nei numerosi villaggi e paesi di passaggio, dove la gente gli espresse le proprie problematiche chiedendo il suo intervento.

Il 28 febbraio 1796, Angioy giunse a Sassari dove la popolazione lo accompagnò al Duomo. Qui i canonici intonarono il “Te deum” di ringraziamento e le campane suonarono a festa. Nel Sassarese, la sua propaganda antifeudale incontrò grandi consensi e i rappresentanti di molte comunità lo invitarono a visitare i loro villaggi per accertarsi degli effettivi problemi sociali esistenti.

Angioy si allontanò da Sassari per qualche giorno compiendo visite presso i villaggi delle quali informò il viceré. A Cagliari, però, si iniziò a sospettare che egli avesse intenzione di raccogliere gente armata e marciare quindi su Cagliari per instaurarvi la Repubblica. Così il viceré Vivalda, il 7 giugno, lo rimosse dall'incarico di Alternos e assegnò al giudice della Reale Udienza, don Giuseppe Valentino, l’incarico di procedere contro Angioy e gli altri capi dell’insurrezione accusati di voler cambiare l’assetto politico del Regno.

ESILIO E MORTE. Gli Stamenti istruirono subito un processo contro di lui, accusandolo di lesa maestà, e il viceré ordinò la completa repressione del movimento democratico. Il 16 giugno 1796 partì con degli amici da Porto Torres e raggiunse Genova, da dove si spostò successivamente in diverse città italiane fino a giungere Castiglione. Qui sperava di incontrare Napoleone che non volle però riceverlo perché, dopo la pace di Parigi del 15 maggio 1796, la Francia non aveva più nessun interesse per la Sardegna.

Nell’ottobre 1796 il re di Sardegna Vittorio Amedeo III morì e gli succede il figlio Carlo Emanuele IV che, per chiarire la situazione dell’isola e dell’Angioy stesso, decise di invitarlo a Torino, garantendogli la libertà e offrendogli i soldi per il viaggio. Questi sperava di recarsi a Torino per ottenere l’abolizione definitiva del feudalesimo, ma resosi però conto di non avere buone possibilità e venuto a conoscenza di un complotto contro la sua vita, abbandonò furtivamente il Piemonte e si recò in Francia dove si schierò definitivamente dalla parte dei francesi. Si spense a Parigi il 22 marzo 1808.

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