In Sardegna

Lentisco: tradizione millenaria dell'arbusto sardo "multiuso"

Proprietà, miti, tradizioni, utilizzi e trasformazione nel tempo di una pianta fra le più simboliche del territorio isolano

Lentisco: tradizione millenaria dell'arbusto sardo

Di: Redazione Sardegna Live


“Siamo il regno ininterrotto del lentisco”, recitava Grazie Deledda nella sua poesia ‘Noi siamo sardi’. Di fatto, il lentisco – o lentischio – è a tutti gli effetti uno dei simboli della Sardegna più pura, terra ricca e incontaminata, oggetto di racconti e fantasticherie della romanziera isolana. Trattasi di un arbusto o alberello sempreverde, alto fino a 8 metri (ma in media varia fra i 3 e i 4) e con una squamosa corteccia cenerina. È di specie dioica, ovvero può avere fiori o solo maschili (color rosso bruno) o solo femminili (di colore verde) in infiorescenze a racemo. Presenta una chioma globosa, irregolare e densa, fogliame dal profumo resinoso e rami giovani, bruni. Il frutto è una piccola drupa sferica o ovoidale (frutto carnoso con un unico seme avvolto da endocarpo legnoso), di 4-5 mm, dal colore rosso, che diventa nero nel corso della maturazione in inverno. Pianta tipica della macchia mediterranea è, per l’appunto, molto diffusa nell’Isola, dove vegeta fino ai 400-500 metri di altitudine. Viene identificata con diversi nomi: chessa, modditzi, lintiscu, lentiscu, lontiscu

PROPRIETA' E UTILIZZI. Il lentisco è un’importante e preziosa risorsa grazie alla qualità del suo legno, ottimo da ardere e un tempo utilizzato per produrre il carbone vegetale, e alle proprietà delle foglie, ricche di tannino, che venivano impiegate per la concia delle pelli. Inoltre, i virgulti venivano utilizzati per creare l’intelaiatura dei cestini da lavoro, ma erano soprattutto i suoi frutti a essere usati, fino agli anni Quaranta secolo scorso, per ricavarne un olio molto aromatico utilizzato a scopo alimentare. Appartenente alle tradizioni alimentari della Sardegna, l’olio di lentisco (in sardo ollu e stincu) era molto comune nelle tavole delle famiglie meno abbienti, in sostituzione al più costoso olio d’oliva.

OLIO DI LENTISCO. Già nel secondo dopoguerra la sua produzione era praticamente scomparsa per via dell'uso sempre più frequente dell'olio di semi e, appunto, di quello d’oliva. Dopo la raccolta, le drupe venivano lavate e immerse in acqua bollente all’interno de su cradaxiu, contenitore in rame stagnato, a fatte bollire per circa 15 minuti. Successivamente venivano travasate in una sacca di juta (sacchitta de linu de aulla) e spremute coi piedi o con una macina. Da questa operazione veniva ricavato un estratto, che veniva filtrato con panni di lino e in seguito rimesso a bollire per eliminarne l’acidità. Se ne otteneva un olio dal colore giallo chiaro, dal sapore e dal profumo piacevolmente aromatici. Oggi è un prodotto di nicchia, utilizzato esclusivamente per alcuni piatti tipici e dai sapori particolari e ricercati. 

Olio di lentisco. Foto: Sardegna Reporter

IL MASTICE DI CHIOS. Una leggenda racconta che Sant’Isidoro, dopo la conversione al cristianesimo, dovette scappare di casa e si rifugiò nell’isola greca di Kios, dove visse e morì in solitudine con la sola compagnia di un arbusto di lentisco, che dopo la sua morte iniziò a versare lacrime di resina, per piangere la sorte del santo. Siamo nel 250 d.C. circa, periodo a cui risale l’inizio della coltivazione intensiva di una speciale varietà di lentisco nell’isola di Chios, la Pistacia lentiscus. Si dice anche che la resina cristallina (masticha), con quel grado di purezza che ne assicura l’efficacia medicinale, sia tale soltanto in questo luogo, nella zona meridionale dell’isola (Mastichoria), grazie al microclima presente, ma anche ai vulcani sottomarini e al suolo calcareo. Tale resina promuove la salivazione ed è antisettica e antidiarroica e la si raccoglie a fine settembre. Da millenni a Chios si coltiva il lentisco, grazie al mastice che nei secoli ha avuto grande rilevanza nei traffici commerciali, tanto che i genovesi, che se ne servivano per sentire meno la sete, alleviare la nausea e proteggere i marinai dalle malattie durante le spedizioni marittime, occuparono l’isola detta allora Scio nel 1346, e la tennero fino al 1556, quando poi fu occupata dai turchi.

Mastice di Chios

DALLA PREISTORIA A OGGI. Nonostante oggi venga meno il suo utilizzo, il lentisco è parte integrante della storia isolana. Pare che le tecniche di produzione dell’olio di lentisco fossero note, con ogni probabilità, sin dalla Preistoria. Secondo l’archeologo Giovanni Lilliu questo olio veniva utilizzato in Sardegna in epoca nuragica; a testimonianza di ciò una vasca di marna calcarea atta alla macerazione dei frutti di lentisco, rinvenuta in un vano della reggia nuragica di Barumini. Si aggiungano sostegno di tale tesi  gli innumerevoli esempi di lucerne di varia tipologia risalenti alla stessa epoca emerse dagli scavi archeologici.

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