Le acciughe si fanno sempre più piccole, costrette a spingersi al largo per trovare acque più fresche e nutrienti. È uno dei segnali più evidenti della crisi che sta colpendo il Mediterraneo e, in particolare, aree come la Sardegna, dove l’equilibrio marino è messo a dura prova dal cambiamento climatico. A lanciare l’allarme è Confcooperative – Fedagripesca, che denuncia un fenomeno ormai sotto gli occhi di tutti: la progressiva scomparsa dell’upwelling, il processo naturale che porta in superficie acque profonde, fredde e ricche di nutrienti, indispensabili per la vita marina.

"Entro il 2050 si rischia una riduzione del 20% dei fenomeni di upwelling, che saranno meno frequenti, intensi ed efficaci rispetto al passato, con effetti a cascata su pesci, ecosistemi e comunità costiere dipendenti dalla pesca", spiega all’ANSA Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca. A compromettere il meccanismo, vitale per la fertilità del mare, è la stratificazione delle acque causata dall’aumento delle temperature: l’acqua calda, che resta in superficie, blocca la risalita delle masse fredde e nutrienti.

Sebbene le zone di upwelling rappresentino solo l’1% degli oceani, sono responsabili fino al 50% del pescato mondiale. Nel Mediterraneo, il fenomeno è meno diffuso ma strategicamente concentrato in alcuni hotspot marini: tra questi, lo Stretto di Messina, il Canale di Sicilia, la costa adriatica orientale e Carloforte, in Sardegna. Proprio in questi luoghi, l’upwelling alimenta il fitoplancton, primo anello della catena alimentare marina, da cui dipendono specie come acciughe, sardine e tonni.

La Sardegna, dunque, si trova al centro di un sistema delicato. Il calo delle correnti ha già prodotto effetti visibili, tra migrazioni forzate di pesci come le alici e la comparsa di specie aliene provenienti da acque più calde. Allo stesso tempo, le specie autoctone subiscono un declino preoccupante: emblematico il caso dei ricci di mare, la cui densità in regioni come Puglia e Sicilia è crollata a meno di 0,2 individui per metro quadrato, secondo una recente ricerca dell’Università del Salento.

Ma non è solo il Mediterraneo a soffrire per l’innalzamento delle temperature. Anche nel nord Europa si registrano cambiamenti anomali. I pescatori britannici, ad esempio, hanno segnalato un incremento record delle catture di polpi nella Manica, con un aumento fino a 240 volte rispetto allo stesso periodo del 2024, ricorda Fedagripesca. Un’ulteriore prova che il riscaldamento globale sta trasformando la biologia marina su scala planetaria.

La Sardegna, con la sua tradizione peschereccia e il ruolo chiave nei flussi di upwelling, è tra le regioni più esposte. La sfida, ora, è quella di proteggere questi ecosistemi vulnerabili e ripensare il futuro della pesca in un mare che cambia.