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“Quando i bambini fanno Ooh”

La canzone da cui prende spunto questo titolo prosegue dicendo: “che meraviglia”. Quando si parla di bambini l'aggettivo calza a pennello. Dolci, simpatici, estroversi, spontanei, anche quando “rompono” restano comunque meravigliosi. E' fuor di dubbio che sia un principio “generalmente riconosciuto”, quello che vuole protetta la fragilità di questi piccoli uomini non ancora in grado di autodeterminarsi.

“Quando i bambini fanno Ooh”

Di: Redazione Sardegna Live


 

 

 

La canzone da cui prende spunto questo titolo prosegue dicendo: “che meraviglia”. Quando si parla di bambini l'aggettivo calza a pennello. Dolci, simpatici, estroversi, spontanei, anche quando “rompono” restano comunque meravigliosi. E' fuor di dubbio che sia un principio “generalmente riconosciuto”, quello che vuole protetta la fragilità di questi piccoli uomini non ancora in grado di autodeterminarsi. Ciò che dico parrebbe una banalità se non fosse che, nel mondo da più parti, questo istinto protettivo non sempre funziona. Anzi, dove meno te lo aspetti si inceppa clamorosamente. Le cronache sono piene di storie vicine e lontane che fanno sobbalzare dalla sedia quei genitori e non, che hanno un animo sensibile o sufficientemente funzionante. 

 

Ibrahim e Yusuf sono due bambini della Siria che giocavano in strada come tanti loro coetanei. La mamma li manda al panificio poco distante. Iniziano i bombardamenti, gli aerei sorvolano vicini le case di Al Bab. I ragazzi ancora non si vedono cosi che lo zio spinto dall'ansia della mamma esce per cercarli. Li troverà poco dopo a poca distanza. Erano di rientro quando una bomba, forse la prima di un lungo incessante lancio, li colpisce in pieno. Ibrahim è già morto, completamente dilaniato. Yusuf dopo una lunga degenza in un ospedale turco, vivrà senza una gamba per il resto della vita. 

 

E dire che il diritto internazionale nel secolo scorso ha fatto passi da gigante sul tema dell'uso della forza e in quello dei diritti del bambino. Entrambe considerate norme cosiddette di “ius cogens”, come tali pertanto inderogabili anche da qualsiasi trattato internazionale. Eppure spesso violate con pretesti interpretativi di ogni genere. Il divieto dell'uso della forza è spesso ignorato attraverso la deroga della cosiddetta “legittima difesa” degli stati. Mentre i diritti del bambino già considerati un principio generale attraverso il diritto consuetudinario dei diritti dell'uomo, oltre che sostenuto da una lunga serie di trattati internazionali, continuano  imperterriti ad essere ignorati costantemente. 

 

Violati da imprese che sfruttano impunemente il lavoro di questi esili fisici. Recenti sono le celebrazioni in Bangladesh di un accordo raggiunto tra imprese tessili e sindacati, per mettere fine alle centinaia di morti a seguito di roghi che divampavano quasi quotidianamente.  Violati da chi sfrutta la miseria e la disperazione dei migranti che fuggono dai paesi coinvolti nella ormai nota “primavera araba”. Impossibile poi non pensare ai fanciulli soldato coinvolti in guerre enormemente più grandi di loro. Si stimano essere oltre 500.000 quelli attualmente assoldati, con oltre 2 milioni di morti e 6 milioni resi invalidi solo negli ultimi dieci anni. Cifre spaventose, che non rendono il mondo meritevole della denominazione di civiltà.

 

La situazione più eclatante è senza dubbio quella dell'Africa, ma non mancano gli esempi anche in Asia e nelle civilissime America ed Europa. E' del 2012 la notizia della condanna da parte della corte penale internazionale di Thomas Lubanga, leader dell'unione dei patrioti Congolesi, il quale arruolava minori nelle sue milizie. Ma sono purtroppo ancora pochi coloro che vengono giustamente puniti e spesso, a mio parere, ancora con pene troppo blande rispetto  alle oscenità commesse. Lilian è una quattordicenne del Sudan che rientrata a casa dalla scuola non vi ha trovato i suoi familiari perché scappati dopo l'arrivo delle milizie. Scampata   alle violenze rifugiandosi in un campo profughi, rimane ancora sotto shock per aver assistito allo stupro di due

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