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Un’assemblea affollatissima quella che ieri sera, lunedì 1° dicembre, ha riempito, e addirittura superato, la sala del Consiglio comunale di Uta, convocata dal sindaco Giacomo Porcu per discutere del trasferimento nel carcere Ettore Scalas di 92 detenuti in regime di 41 bis, quasi tutti condannati per reati di mafia. Decine di cittadini sono rimasti in piedi anche all’esterno, mentre all’interno erano presenti numerose autorità regionali e istituzionali.
Tra queste, la presidente della Regione Alessandra Todde, il vicepresidente del Consiglio regionale Giuseppe Frau, il sindaco di Cagliari e della Città Metropolitana Massimo Zedda, il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari Matteo Pinna, la Garante regionale dei detenuti Irene Testa e la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, Maria Cristina Ornano.
È stata proprio la dottoressa Ornano ad aprire gli interventi, illustrando una serie di dati che hanno suscitato stupore e preoccupazione tra i presenti. “A Uta il carcere è attivo da oltre 10 anni con risicate forze dell’ordine, fra detenuti e lavoratori circa mille persone su una popolazione di 9 mila anime; su 561 posti previsti ci sono 737 detenuti; se il rapporto detenuti rispetto ai residenti in media in Italia è 1 ogni 1.145 residenti, in Sardegna è 1 su 660 residenti; con 1253 detenuti non sardi; 93 in regime di 41 bis, che diventeranno 185: la Sardegna è la regione in Italia con più detenuti di questo tipo. Di cui nessuno sardo”, ha concluso, accolta da incredulità e disappunto del pubblico.
Il sindaco Porcu ha poi ricordato l’urgenza della situazione: “Il ministro ci ha comunicato che manca solo un mese al trasferimento. Noi siamo qui tutti assieme con la richiesta della riapertura di un tavolo che veda protagoniste le istituzioni locali e chi amministra la giustizia, che metta al centro la voce dei territori”.
Nel suo intervento, la presidente Todde ha ripercorso le tappe degli ultimi mesi: “Abbiamo letto da articoli di stampa a giugno dello spostamento dei 92 detenuti al 41 bis a Uta, ci siamo attivati con due note al ministro Nordio per chiedere un incontro. Abbiamo insistito e lo abbiamo incontrato a settembre. Il ministro concordò con noi tre cose: che non avrebbe portato avanti niente senza l’accordo con la Regione… Mi sembra grave sapere che ora dice che tutto è fatto”.
Todde ha ricordato anche gli altri due punti condivisi durante quel confronto: l’impegno sulle risorse per tribunali di sorveglianza e personale penitenziario, e la consapevolezza delle peculiarità di una Regione a statuto speciale che sostiene direttamente i costi sanitari dei detenuti. “C’è quindi un tema di richiamo degli impegni presi… La domanda che mi pongo è: mi posso fidare delle dichiarazioni di un ministro?”.
La presidente ha poi richiamato le conseguenze socio-economiche che scelte simili possono generare: “Io ero a Nuoro quando fu ospitato nel carcere il boss della camorra Cutolo e la città ebbe conseguenze negative sulle attività economiche e sull’impatto sociale”. E ha concluso: “La vita delle persone non può cambiare a causa di decreti ministeriali che noi non vediamo. Io questo non lo accetto”, accolto da un lungo applauso della sala.
L’incontro si è chiuso con la richiesta condivisa di un confronto istituzionale trasparente e rispettoso delle esigenze del territorio, mentre la comunità di Uta attende risposte sul futuro del proprio carcere e sulla gestione di un trasferimento così delicato.


