C’era da aspettarselo, le voci di coloro che storcono il naso di fronte alla chiamata delle Forze Armate per coinvolgerle nella guerra (lotta o altro) - così come è stata chiamata da tutti nel significato generico quanto efficace del termine - contro la pandemia, sono sempre più numerose. Tra queste, però, non ci sono solo i diffidenti, che, tra dubbi e sospetti, forse sono in buona fede e senza secondi fini. Vi appartiene, purtroppo in una buona dose, verrebbe da dire, anche chi storce ancor più del naso e punta all’estremo e cioè coloro i quali sono già arrivati all’equazione “uniforme uguale dittatura”, oltre che vedere nelle parole “Forze Armate” solo armi e basta e non altri significati.

Per quanto riguarda i primi, ci sta a essere diffidenti, perché la diffidenza è quella che può essere confermata oppure no. L’una o l’altra scelta dipende solo dai risultati del lavoro dei militari nei compiti che gli sono stati assegnati. 

Per i secondi, i negativisti tout court, invece, il discorso cambia. Possiamo suddividerli almeno in due categorie. Da una parte ci sono coloro che vedono, per definizione derivante da un pregiudizio, nell’uomo in uniforme chi comanda per ogni cosa che dice e, infatti, forse anche prima di proferir parola viene anticipato con una frase nota che racchiude in modo chiaro e inequivocabile il concetto: “Qui non siamo in caserma”.  

Ebbene, se pensiamo che si è dittatori anche soltanto quando una persona non consente agli altri di parlare, si capisce che in questo scenario chi non è presente, per l’altruismo che c’è dentro di sé e nella natura del suo status, è proprio l’uomo con le stellette. Che ha solo il "torto" di appartenere a una caserma, a un luogo militare, al contrario di chi ha il vantaggio di poter esprimere il proprio istinto autoritario e unilaterale senza il sospetto dell’uniforme che non ha. 

L’altra categoria in cui si suddividono coloro per i quali i militari sono l’espressione di un potere dittatoriale a sua volta derivante da una dittatura politico-giuridica di uno Stato, sono soprattutto gli intellettuali o presunti tali, ma non solo, che associano agli uomini con le stellette un significato negativo di matrice ideologica benché l’intera istituzione militare, in questo caso  del nostro Paese, sia una delle componenti essenziali dello stesso equilibrio democratico, con respiro internazionale, su cui la stessa Repubblica si fonda.  E qui, naturalmente, ogni riflessione o pensiero rivolto all’apertura di un ragionamento o di un dibattito sul tema è praticamente impossibile, segno che non si sa, si fa per dire, da quale parte sta la dittatura.

Se così stanno le cose, forse sarà il caso, considerata la drammaticità in cui versa già da un anno il nostro Paese, di tenere ben fermi i piedi a terra per evitare di alimentare tutto ciò che in questo momento non serve all’Italia e cioè le polemiche senza il riscontro dei fatti, perché portano solo danni, spesso anche a dismisura.

Riguardo al coinvolgimento delle Forze Armate per combattere la pandemia, la domanda, legittima, di chi non vuole specularci sopra, ma, semmai, soltanto sapere, è: i militari hanno competenze, capacità e attitudini nelle materie per le quali sono stati chiamati?

Qui la risposta è nella legge e nei fatti. L’Italia ha una società militare, ricca di principi e valori, che si muove e vive all’interno di un’organizzazione tecnico-amministrativo-logistica e militare, appunto, sempre pronta per cultura e storia, per competenze professionali e autonomia di uomini e mezzi, a sostenere e concorrere con tutte le altre forze del Paese a un’azione globale per fronteggiare situazioni di eccezionali emergenze, di qualsiasi genere esse siano. 

Se così è, come avrebbero mai potuto essere ignorate le Forze Armate un anno fa, soprattutto dopo essersi accorti delle proporzioni devastanti della pandemia? 

La risposta è arrivata, con dodici mesi di ritardo. Di sicuro, anche con gli stessi risultati ottenuti in tutto questo tempo interminabile e pieno di angosce, sarebbero stati spesi meno soldi. Perché il militare, servitore silenzioso e operoso, non è secondo a nessuno a parità di materia e responsabilità, mentre compete molto meno in quanto a trattamento economico, senza che per questo abbia mai oltrepassato le linee del suo nobile quanto essenziale status.