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Un foro situato sul viso, vicino al naso, è stato oggetto della prima parte della Tac eseguita oggi sul corpo di Cinzia Pinna, la donna di 33 anni di Castelsardo uccisa tra l'11 e il 12 settembre nel casolare tra Palau e Arzachena di proprietà dell'imprenditore Emanuele Ragnedda, reo confesso del crimine.
Gli esami condotti a Sassari dal medico legale Salvatore Lorenzoni, insieme al consulente Ernesto D'Aloja nominato dall'avvocato difensore Luca Montella, avrebbero identificato una cavità compatibile con il proiettile sparato da una pistola semiautomatica, specificamente una Glock, in possesso di Ragnedda - che aveva il permesso per uso sportivo - e già sequestrata dai Carabinieri. Il proiettile non è stato recuperato, suggerendo che abbia attraversato il viso di Cinzia. È stato Ragnedda stesso a indicare ai militari dove aveva nascosto i bossoli sparati e a mostrare i segni degli spari sui muri della casa.
Gli esami sul corpo di Cinzia Pinna continueranno fino a mercoledì, quando potrebbe essere programmata l'autopsia per giovedì. Domani, gli investigatori sono pronti per ulteriori indagini e ispezioni nella tenuta ConcaEntosa dell'imprenditore tra Palau e Arzachena.
Riguardo alle indagini per individuare eventuali complici di Ragnedda, si apprende che la posizione del giovane lombardo di 26 anni indagato all'inizio dell'inchiesta non è stata modificata: il suo coinvolgimento sembra non essere legato alla rimozione del cadavere, di cui Ragnedda ha ammesso la responsabilità, ma alla sparizione degli effetti personali di Cinzia, incluso il cellulare ancora non ritrovato.
Gli investigatori stanno concentrando la loro attenzione su una donna, amica stretta di Ragnedda, anch'essa di Arzachena, che frequentava la casa e la tenuta dell'imprenditore. C'è il sospetto che possa essere stata lei ad aiutare Ragnedda a pulire il casolare dalle macchie di sangue individuate dal Ris di Cagliari e a disfarsi del divano su cui Cinzia sarebbe stata spostata dopo il delitto.