PHOTO
Il Teatro Murgia come non si vedeva da tempo: zeppo di spettatori coinvolti, affascinati e in religioso silenzio. Era l’atmosfera che meritava il convegno-dibattito proposto dal Gruppo Folk Sorgono per celebrare i suoi 40 anni di attività.
Sabato 28 dicembre, la cittadina del Mandrolisai ha dedicato un’intera giornata alla valorizzazione delle tradizioni popolari attraverso un fitto calendario di appuntamenti iniziati fin dalla mattina: workshop, seminari, laboratori, approfondimenti e spettacoli per festeggiare lo storico traguardo di una delle associazioni più rappresentative del panorama folkloristico isolano.
A partire dalle 16, in diretta su Sardegna Live, si è tenuta in teatro l’attesa conferenza dal titolo “La mission delle associazioni folkloristiche: tramandare e interpretare, il futuro della tradizione”. Il dibattito, coordinato da Pietro Lavena, è stato aperto dai saluti istituzionali del sindaco di Sorgono Franco Zedde e del consigliere regionale Sebastian Cocco. A introdurre il confronto il presidente dell’ISRE, Stefano Lavra. Poi, i rappresentanti delle principali associazioni di ballo della Sardegna hanno regalato ai presenti una vera e propria lectio magistralis sull’evoluzione della coreutica negli ultimi 70 anni e le sfide che gli addetti ai lavori sono oggi chiamati ad affrontare.
ANTONIO MURRU (GRUPPO FOLK SORGONO): «SE PENSO AI COLORI DEL MIO PAESE, RICORDO LE MIE RADICI»
Ad aprire i lavori il presidente del Gruppo Folk Sorgono, Antonio Murru, visibilmente emozionato nel ritrovare gli amici di una vita raccolti attorno a un tavolo per festeggiare i 40 anni della formazione da lui guidata. Murru ha sottolineato il valore sociale e identitario delle associazioni culturali che si occupano di tramandare danze e suoni della tradizione. «Era giusto e doveroso segnare questa tappa del nostro percorso – ha esordito –. Abbiamo sempre cercato di lavorare non solo sulla tradizione, ma anche sul fronte sociale. Per questo ringrazio tutti i ballerini, soprattutto i più giovani, che hanno portato nuove idee e sono oggi protagonisti di un progetto che vivono con passione. Speriamo che voi possiate festeggiare gli 80 anni del gruppo».
“Le associazioni folkloristiche hanno un grande valore identitario – ha spiegato Murru –, se penso ai colori dell’abito del mio paese, ricordo le mie radici».
SEBASTIAN COCCO (CONSIGLIERE REGIONALE): «LE ASSOCIAZIONI FOLKLORICHE GARANTISCONO L’ACCESSO ALLA CULTURA»
Sebastian Cocco, consigliere regionale ed ex assessore alla Cultura del Comune di Nuoro, si è mostrato particolarmente sensibile alle tematiche trattate: «Il folklore è spesso considerato, erroneamente, figlio di un dio minore rispetto alla cultura cosiddetta “alta” e intellettuale. Invece, momenti di approfondimento scientifico come quello di oggi, in cui ci si ferma per capire qual è lo stato del mondo delle tradizioni, sono importanti perché consentono anche alle istituzioni di programmare e destinare meglio le risorse pubbliche a queste manifestazioni».
«Il mondo del folklore, nei nostri centri, è uno degli strumenti prediletti per l’accesso alla cultura. Molti, ad esempio, conoscono le poesie di Casula, Mura e Mereu grazie ai cori che hanno musicato quei testi tramandandoli. Le associazioni folkloriche garantiscono un accesso alla cultura a tutti».
STEFANO LAVRA (PRESIDENTE ISRE): «LA DIVERSITÀ DELLE COMUNITÀ SARDE NON È DIVISIONE, MA VALORE»
«I concetti di tradizione e folklore, a volte, potrebbero sembrare contrapposti – ha spiegato il presidente dell’ISRE, Stefano Lavra – ma si intrecciano in maniera così intima da esprimere il valore culturale delle comunità sarde».
«Il concetto di tradizione è proprio di tutti i popoli – ha aggiunto Lavra –, ma in Sardegna lo si esprime in tantissime manifestazioni e momenti della vita quotidiana. Il grande lavoro compiuto dalle associazioni nel secondo ‘900 ha permesso di avviare una ricerca fondamentale e tradurre la trasmissione orale in forma scritta, evitando che si perdesse uno straordinario bagaglio culturale a causa del modernismo che travolgeva tutto».
«Quanto messo in campo dalle associazioni non è una trasposizione artefatta, né semplice esteriorità, ma desiderio di affermare la propria identità attraverso la tradizione perenne di colori, fogge, abiti, canti, poesie, balli e lingue. Ogni comunità rappresenta un microcosmo, che non significa divisione, ma valore».
TONINO SPANU (GRUPPO FOLK TISCALI DORGALI): «NEGLI ANNI ’60 ABBIAMO SPETTACOLARIZZATO, POI ABBIAMO CAPITO GLI ERRORI»
«Guardando questo conclave penso di essere il decano del sacro collegio», ha ironizzato il 77enne Tonino Spanu, storico membro del Gruppo Folk Don Milani di Dorgali e successivamente direttore artistico del Gruppo Folk Tiscali. «Io ho avuto la fortuna di conoscere il prima e il dopo. Fra gli anni ’50 e ’60, ho assistito in poco tempo al passaggio dalla tradizione ereditata dall’800 alle novità esplose in tutti i campi. Ho conosciuto il ballo popolare della piazza: non era un ballo per divertirsi, ma il rito della comunità che voleva sentirsi popolo».
«Alla fine degli anni ’60, sono nati i gruppi folk e il ballo si è trasferito dalla piazza sul palco. Ci siamo sentiti autorizzati a inventare qualcosa per meravigliare gli spettatori. Le coreografie spettacolarizzavano il ballo, ma non lasciavano traccia della tradizione. Col tempo ho compreso gli errori commessi e al Festival di Gorizia del ’79 pretesi che gli uomini del mio gruppo indossassero sa berritta, che non si usava più, e chiesi alla voce Tatanu Milia di cantare un ballu anticu a ischina con la voce sola. Quella scelta ci valse la medaglia d’oro con la qualifica di “eccellente”. Da allora iniziai a cancellare i fronzoli che io stesso avevo innestato».
COSIMO LIPPI (SU COLOGONE OLIENA): «IL BALLO ERA UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA, SI DANZAVA SEMPRE»
A Oliena i balli erano questione di famiglia. Parola di Cosimo Lippi (Gruppo Folk Su Cologone), altro esponente della vecchia scuola presente al convegno di Sorgono. «C’erano intere famiglie di ballerini e suonatori e ricordo che negli anni ’60 si ballava ogni volta che ci si riuniva, come quando si uccideva il maiale. Si facevano balli in ogni vicinato del paese e all’uscita della messa si ballava nella piazza principale. Il ballo lo abbiamo sempre conosciuto tondo, solo per esigenze di palco e per mostrare anche la parte di davanti dell’abito tradizionale, che è più ricca, abbiamo iniziato ad aprirlo».
«Altrove, ad esempio nel Mandrolisai, vedo più individualismo: i ballerini ballano in coppia e, nonostante tutti seguano lo stesso passo, ognuno propone virtuosismi propri per dimostrare la sua bravura. È bellissimo, ed è giusto che ogni paese conservi la propria tradizione. Anche nel nostro caso, il palco ha imposto di ballare in maniera più controllata di quanto avviene in piazza, dove ci sono interpretazioni più libere. Ma danze come s’arciu, s’arciu antihu e su durdurinu sono rimasti pressoché immutate nel tempo».
SALVATORE LOI (DON MILANI DORGALI): «OGGI MANCANO LE OCCASIONI PER BALLARE»
Aneddoti e ricordi nel contributo di Salvatore Loi, del gruppo Don Milani di Dorgali. «La mia infanzia era un periodo felicissimo per chi voleva imparare a ballare, le occasioni erano tantissime. Quando ci si sposava, tutto il paese ballava per giorni. La festa di San Cipriano durava nove giorni e si ballava di continuo, era una palestra importante. Oggi le occasioni stanno diminuendo, per questo il ruolo delle associazioni è fondamentale per avvicinare i giovani alla tradizione».
«L’abitato di Dorgali – racconta Loi – è spaccato a metà dalla via principale. La parte di sotto era detta “Terra del grano”, perché abitata dalle persone più abbienti, quella di sotto era la “Terra dell’orzo”, abitata da chi aveva meno. Gli abitanti della parte alta del paese erano quelli che animavano maggiormente le feste e si divertivano di più. Io vivevo nella parte bassa e quando per la prima volta chiesi a mia nonna di indossare l’abito tradizionale mi rispose: “Noi siamo della Terra del grano, lascia stare i balli alla Terra dell’orzo”. Ma la passione era troppo grande e, anche se a casa ballavano in pochi, mi lasciai coinvolgere da questa opportunità».
LINO CORDELLA (BUSACHI BELLA MIA): «SERVE UNIRSI PER FAR SENTIRE LA PROPRIA VOCE»
Lino Cordella, Gruppo Folk Busachi Bella Mia, è anche presidente dell’Unione Folklorica Sarda, costola dell’Unione Folklorica Italiana. «Ho il piacere di rappresentare 52 associazioni isolane, ma l’obiettivo è la qualità, non la quantità. È importante fare squadra anche per far sentire la propria voce alle istituzioni. Da tre anni portiamo avanti un festival nel quale proponiamo il nostro modo di fare festa sulle piazze e non sui palchi, come avveniva un tempo».
«Occasioni come questa di Sorgono dovrebbero ripetersi più spesso – osserva Cordella –, perché servono anche a tramandare il profondo senso di amicizia e rispetto che c’è sempre stato fra noi. Spesso si punta alla visibilità, ma le feste più belle sono sempre state quelle senza telecamere, dove balliamo e ci divertiamo dall’inizio alla fine in maniera più libera e genuina».
PIERO SIMULA (ITTIRI CANNEDU): «LA VOCAZIONE INTERNAZIONALE DEL NOSTRO GRUPPO CI HA PERMESSO DI CONOSCERE IL MONDO»
Piero Simula, del gruppo Ittiri Cannedu, sottolinea il valore dell’internazionalità: «Quest’anno abbiamo celebrato la 39^ edizione della rassegna internazionale Ittiri Folk Festa, ma la nostra vocazione di gruppo proiettato alle culture altre si è concretizzata da subito. Già nel ’72, un gruppo spontaneo partecipò all’Europeade del folklore di Nuoro. Fu una folgorazione vedere tutti quei costumi e bandiere diverse».
«Da allora abbiamo girato l’Europa stringendo amicizia con diversi gruppi sudamericani e con il gruppo di Sarajevo, tramite il quale inviammo un’importante quantità di aiuti durante la guerra nei Balcani. Questo per dire le sinergie che possono nascere grazie a iniziative come queste».
FRANCESCO URRU (PROLOCO SAMUGHEO): «IL BALLO TRADIZIONALE RISCHIA DI DIVENTARE QUALCOSA DI ELITARIO»
Fra i più preoccupati dalle evoluzioni che investono le tradizioni popolari, il rappresentante del Gruppo Folk Pro Loco di Samugheo, Francesco Urru. «Si va sempre più alla ricerca della raffinatezza e del professionismo – analizza –. Anche stasera si parla di associazioni e scuole di ballo. Il solo fatto che sia necessario fare delle prove dimostra che si vogliono raggiungere risultati sempre migliori. Prima si ballava spontaneamente, chi era bravo lo era di natura. Ora il pubblico si aspetta lo spettacolo e ballerini capaci di performance importanti».
«Le feste, un tempo, erano l’occasione per mettersi in mostra e affermare la propria bravura, oggi è venuta a mancare quella funzione. Così come la televisione ha stravolto la cultura dei giovani negli anni ’60, la stessa crisi la viviamo oggi con l’avvento degli smartphone».
IVAN COSTA (ORTOBENE NUORO): «TUTTI BALLANO TUTTO, SI STANNO OMOLOGANDO LE DANZE»
Nuoro culla del folklore, eppure Ivan Costa, Gruppo Folk Ortobene, si dice pensieroso per quanto sta accadendo oggi al ballo popolare. «Si sta perdendo l’anima della comunità e si assiste sempre più a un’omologazione delle danze. Tutti ballano tutto, non si danzano più i balli comunitari e locali».
«Io stesso – ammette Costa – amo misurarmi con i balli di altre comunità, ma questo concorre a confondere le identità. Forse oggi la gente balla di più, ma in modo diverso dal passato, con un approccio più generale e meno locale».
GAVINO FARINA (TUFFUDESU OSILO): «NON SOLO I BALLI, ANCHE L’ABBIGLIAMENTO È A RISCHIO»
Arriva da Osilo la testimonianza di Gavino Farina, Gruppo Tuffudesu. «In quasi tutti i centri del Logudoro il ballo di piazza è sparito, ma l’abbigliamento ha faticato altrettanto a conservarsi a causa di numerose forzature compiute negli anni. Spettacolarizzando il folklore, si è spesso creato qualcosa di nuovo anche per quanto riguarda il vestire. Anche ciò che si indossa deve essere soggetto a studi e ricerche».
«Spesso si sono ricostruiti gli abiti tradizionali in maniera poco fedele. Aprendo le cassapanche e gli armadi del paese, abbiamo riportato alla luce quanto rischiava di andare perduto. Per anni si tendeva a portare sul palco la foggia migliore, ma le fogge erano tante e oggi, grazie al lavoro delle associazioni, finalmente si vedono numerose varianti della stessa comunità».
DANIEL MELONI (BIDDOBRANA VILLAURBANA): «CHI NON HA FATTO RICERCA FINO A OGGI, DIFFICILMENTE TROVERÀ QUALCOSA»
Daniel Meloni, Gruppo Folk di Villaurbana, è reduce dall’ultima edizione di A Sa Biddobranesa. «Un lavoro di ricerca e censimento che ci ha permesso innanzitutto di abbandonare da subito l’abito-divisa per adottare anche fogge molto modeste, addirittura a volte senza scarpe, perché questo è emerso dalle indagini e anche questo era Villaurbana. Come in tutte le comunità c’erano i ricchi e i poveri, perché nasconderlo?».
«Abbiamo poi eliminato le coreografie, proponendo un ballo con le stesse dinamiche della piazza, addirittura con l’organettista al centro che cerca di dialogare coi ballerini. Abbiamo cercato di salvare il salvabile quando ancora c’era la memoria storica, chi non lo ha ancora fatto troverà ben poco».
SALVATORE MARCEDDU (BRATHALLOS FONNI): «LE ASSOCIAZIONI PARTE ATTIVA DELLA COMUNITÀ»
«La mia è un’esperienza di vita», assicura Salvatore Marceddu, Gruppo Folk Brathallos di Fonni. «A sei anni sono stato catapultato in un corso di ballo e oggi mi ritrovo ancora qua, insieme a tanti amici».
«La nostra è un’associazione che nasce dalla Pro loco fondata nel ’72, abbiamo assunto il nome Brathallos nel 2011. Per noi su brathallu è l’abito tradizionale. Abbiamo creduto sul nostro progetto investendo tempo e risorse, ma le soddisfazioni sono tante per noi fare associazione significa essere parte attiva della comunità. Quest’estate abbiamo tenuto in piazza corsi di ballo animati dai più giovani del gruppo, che hanno capito il senso del nostro progetto, questo è motivo di orgoglio che ripaga i sacrifici».
MARINELLA MARRAS (ONNIGAZA GHILARZA): «ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA PER TRASMETTERE AL PUBBLICO»
Chiude la tavola rotonda Marinella Marras, del gruppo Onnigaza di Ghilarza, che, al termine di un “processo” portato avanti con spirito costruttivo e ricco di stimoli e proposte avanzate dai colleghi, abbraccia con fiducia le prospettive future. «Io non riesco a essere pessimista. La mia associazione è particolarmente in sofferenza dal punto di vista numerico, ma non ci fermiamo, c’è tanto da fare e si può pensare di proporre le tradizioni in forma diversa».
“A me interessa che i ragazzi capiscano chi sono e perché sono ciò che sono – commenta Marras –. Siamo pronti a confrontarci con i modelli esterni, ma se devo rappresentare la musica o l’abito del mio paese devo conoscerli e scoprirne i significati. I componenti delle associazioni devono accrescere la propria consapevolezza per “educare” il pubblico e far capire il valore di ciò che presentiamo».
DANZE, CANTI E A CUMONE PER I 40 ANNI DEL GRUPPO FOLK SORGONO
La serata è proseguita, ancora in diretta su Sardegna Live, con l’esibizione del Coro Santu Mauru di Sorgono, diretto dal maestro Salvatore Bua, che ha interpretato il brano Bantos Pro Sa Idda Mia, del Cuncordu Sorgonesu e dei gruppi folk di Sorgono (sa nantza e ballu sorgonesu accompagnati da Sergio Putzu all’organetto), Biddobrana di Villaurbana (ballu biddobranesu con Gianni Ore alla fisarmonica), Brathallos di Fonni (ballu sartiu girau a ballu e tres) con l’armonica a bocca di Michelino Carta.
Particolarmente suggestiva la messa in atto del format A Cumone, un viaggio nel tempo e nello spazio proposto in collaborazione dai gruppi folk di Sorgono, Villaurbana, Ghilarza e Busachi con il Cuncordu Sorgonesu. Un incontro fra esperienze e moduli, impreziosito dalla voce di Marinella Marras e dai suoni de s’afuente, dell’organetto e della fisarmonica. La degna conclusione di una serata di festa dal forte valore simbolico.
Quarant’anni, quattro decenni, numerose generazioni hanno accompagnato con generosità e vivo spirito l’associazione Gruppo Folk Sorgono lungo un viaggio che ha rappresentato ovunque e in maniera solida l’identità della perla del Mandrolisai. Un cammino fatto di uomini e donne che ancora oggi credono nell’idea che si possa essere comunità e fare fronte comune a prescindere dalle difficoltà e affrontando con successo le sfide spesso ardue imposte dalla contemporaneità. Tanti auguri a tutti.
RIVIVI LA DIRETTA DI SARDEGNA LIVE DELLE CELEBRAZIONI PER I 40 ANNI DEL GRUPPO FOLK SORGONO