Con il tema della biodiversità che assume un'importanza sempre più rilevante, anche in Sardegna l'attenzione al rispetto di un ecosistema, che fa dell'Isola una terra invidiabile e a suo modo unica per peculiarità e ricchezze naturali, è sempre più richiesta. Uno dei tanti argomenti al centro del dibattito è quello delle infrastrutture artificiali: grate e canili di irrigazione, fra gli altri, rappresentano vere e proprie trappole per gli animali, compromettendo la biodiversità stessa.

E' il caso delle migliaia di anfibi in Sardegna, tra cui il rospo comune (nome scientifico Bufo bufo), diffuso in tutto il territorio nazionale, dalle pianure alle zone montuose, con l’eccezione di alcune isole minori. In Sardegna è stata individuata una popolazione riproduttiva localizzata in un’area boschiva situata a un’altitudine compresa tra 600 e 700 metri sul livello del mare. La conferma del successo riproduttivo è avvenuta grazie al ritrovamento di girini e individui neometamorfosati.

La presenza di questa specie rappresenta un indicatore della buona salute dell’ecosistema isolano. Ma come è giunto in Sardegna questo esemplare? Fra i motivi della sua introduzione, principalmente vengono individuati episodi riconducibili all'azione umana, e quindi trasporto accidentale di individui adulti tramite materiali da cantiere (sabbia, ghiaia o legname), oppure l'arrivo di girini tramite operazioni di ripopolamento ittico.

L'esempio di Colnaghi

Gli studi genetici condotti sugli esemplari presenti in Sardegna hanno evidenziato una stretta affinità con le popolazioni dell’Italia centrale. A tal proposito utili sono le considerazioni dell'ambientalista Sebastian Colnaghi, impegnato nella sensibilizzazione per la tutela del pianeta e della biodiversità, che di recente ha condotto un prezioso intervento di salvataggio di alcuni rospi intrappolati in una presa d’acqua per l’irrigazione nella riserva naturale di Pantalica, in Sicilia.

Episodio che rimanda alla problematica inizialmente citata, riguardante anche la Sardegna, sulle strutture artificiali che spesso e volentieri rappresentano vere e proprie trappole mortali per la fauna selvatica. “Episodi simili si verificano frequentemente lungo i fiumi - afferma l'ambientalista - . Canali e prese d’acqua intrappolano anfibi e altri animali selvatici. Le nostre aree naturali richiedono maggiore attenzione e interventi concreti da parte delle autorità per garantire la salvaguardia di questa specie essenziale”.

Durante il salvataggio Colnaghi ha utilizzato guanti in lattice per maneggiare i rospi senza danneggiare il delicato strato di muco che protegge la loro pelle, evidenziando l’importanza di agire con consapevolezza. Proteggere gli anfibi e altre specie selvatiche è una responsabilità condivisa che richiede l’impegno congiunto di istituzioni e cittadini. Segnalare situazioni critiche, sostenere iniziative locali e adottare pratiche rispettose dell’ambiente sono azioni essenziali per garantire un futuro più sicuro alla fauna.

“La biodiversità italiana è un patrimonio inestimabile che va protetto - conclude Colnaghi -. Vedere questi piccoli animali intrappolati mi ha fatto riflettere su quanto possiamo fare per aiutarli, soprattutto in un momento così critico per la biodiversità. Ogni gesto, anche il più piccolo, può fare la differenza nel custodire la straordinaria ricchezza del nostro territorio”.