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L'importante eredità pastorale lasciata in dote alla Chiesa da Papa Francesco investe anche la composizione del Collegio cardinalizio, passato ai raggi X in questi giorni da commentatori e opinionisti che cercano di prevedere quale fra i 133 cardinali chiusi in Conclave dal 7 maggio sarà eletto al soglio di Pietro.
Bergoglio, nella sua predilezione per gli ultimi e per le periferie, ha premiato infatti le comunità cristiane lontane, come quelle del Sud del mondo, privando della berretta cardinalizia alcune fra le più importanti diocesi cattoliche come Milano, Venezia e Parigi, i cui arcivescovi non sono mai stati convocati in Concistoro dal Papa argentino. Una scelta che ha drasticamente cambiato il volto della Chiesa, rendendola più universale e meno eurocentrica
LE PERIFERIE DELLA CHIESA
Appena eletto, Francesco ha iniziato a nominare cardinali da Paesi e diocesi che raramente o mai avevano avuto questo onore, valorizzando le esperienze di comunità di fedeli giovani o quotidianamente a contatto con difficoltà ed emergenze sociali ed economiche.
Saranno chiamati a votare il successore di Francesco nella Cappella Sistina, fra gli altri, Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui (Repubblica Centrafricana) è il primo cardinale del Paese, noto per il suo impegno nel dialogo interreligioso in una nazione segnata da conflitti civili.
Dominique Joseph Mathieu è un cardinale belga dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, nominato arcivescovo di Teheran-Ispahan nel 2021 e poi creato cardinale, il primo cardinale nella storia a risiedere in Iran, un segno significativo della presenza della Chiesa cattolica in una regione a maggioranza musulmana.
John Ribat, Arcivescovo di Port Moresby (Papua Nuova Guinea), anch'egli primo principe della Chiesa nella storia del suo Paese, rappresenta le comunità cattoliche dell'Oceania.
In questi giorni si fa un gran parlare di Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma (Svezia), primo cardinale svedese e primo scandinavo nella storia della Chiesa cattolica, simbolo del dialogo ecumenico in una regione a maggioranza protestante. È uno dei profili più in vista per il dopo Francesco.
Virgílio do Carmo da Silva, vescovo di Dili (Timor Est), simbolo della crescita della Chiesa nelle periferie asiatiche.
William Seng Chye Goh, arcivescovo di Singapore, nominato cardinale da Francesco nel 2022 e rappresentate della Chiesa in un contesto molto delicato.
Sebastian Francis, vescovo di Penang (Malaysia), noto per la promozione della pace nel Sud-est asiatico.
Il porporato italiano Giorgio Marengo è prefetto apostolico di Ulan Bator (Mongolia), alla guida di una comunità ecclesiastica in crescita in un contesto missionario.
E mentre in Italia Francesco non ha mai promosso alla porpora gli arcivescovi di diocesi storicamente cardinalizie come Milano, Torino e Venezia, saranno invece rappresentate in Conclave diocesi meno centrali come quella di Agrigento (cardinale Francesco Montenegro), Siena (Paolo Lojudice) o Como (Oscar Cantoni).
UN CONCLAVE UNIVERSALE
Con queste nomine, Papa Francesco ha reso il Collegio cardinalizio e di conseguenza il Conclave stesso più rappresentativi della diversità della Chiesa universale. Dal 7 maggio sono convocati in Conclave 53 cardinali europei, 37 americani (16 America del Nord, 4 America Centrale, 17 America del Sud), 23 asiatici, 18 africani e 4 oceaniani. Il più giovane è l’australiano d'adozione Mikola Bychok, 45 anni, originario dell'Ucraina, il più anziano lo spagnolo Carlos Osoro Sierra, 79 anni. Per la prima volta nella Cappella Sistina rappresentate 12 nazioni con elettori autoctoni, tra cui Haiti, Capo Verde, Papua Nuova Guinea, Svezia, Lussemburgo e Sudan del Sud.