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Il conflitto israelo-palestinese al centro del dibattito al centro della prossima serata della Pastorale del Turismo, manifestazione ideata e organizzata dalla Diocesi di Nuoro e Lanusei.
Saranno due i protagonisti della serata all’Anfiteatro Caritas di Tortolì il 2 settembre, ore 21:30: Maoz Inon (israeliano) e Aziz Abu Sarah (palestinese). Modererà il dialogo Lucia Capuzzi. Gli intermezzi musicali sono affidati al chitarrista Matteo Ghironi.
La serata si aprirà alle ore 21, con l’accoglienza curata dalla comunità di Villagrande Strisaili, che offrirà al pubblico un momento di condivisione con i prodotti tipici locali.
I DUE OSPITI
Non amici, ma fratelli. «Sono nato e cresciuto in un piccolo kibbuz vicino a Gaza — inizia il racconto di Maoz — lì dove, insieme ad altri miei amici, mio padre e mia madre sono stati uccisi il 7 ottobre. Un dolore atroce. Qualche giorno dopo feci un sogno: la visione che il mio dolore fosse il dolore di tutta l’umanità e che essa piangesse insieme a me. Ma le copiose lacrime che tutti insieme versavamo divenivano acqua che puliva il sangue che era stato sparso sulla nostra terra in più di 70 anni di guerra. E la purificava. Sentii da quella visione che la sola strada possibile era quella della pace e della riconciliazione. E fu la strada che intrapresi».
Anche quella di Aziz è una storia di dolore e di perdono. «Durante la seconda Intifada mio fratello, che aveva solo 18 anni, venne arrestato. Fu ucciso dalle torture a cui lo sottoposero i carcerieri israeliani. Per anni non feci altro che coltivare sentimenti di rabbia violenta e desideri di vendetta. Ma erano sentimenti che accrescevano in me la sofferenza e la frustrazione. Solo dopo tanto lavoro su di me intrapresi anche io la strada del perdono. Non perché gli assassini di mio fratello lo meritassero, ma perché mi faceva stare bene. Riconciliarsi con loro era un riconciliarsi con me stesso. Attraverso il perdono mi sono liberato. Quando hanno ucciso i miei genitori, il primo a farmi le condoglianze fu Aziz. Fino ad allora ci eravamo solo incrociati sui social. Capii da quel messaggio che non c’era altra strada che il riconoscimento della sofferenza reciproca attraverso il dialogo. Da allora considero Aziz non un amico ma un fratello». [da Vatican News]
In un contesto di conflitto e distruzione, la speranza e la fiducia sono più che mai necessarie per costruire un futuro di pace. Per la Terra Santa, per i bambini di Gaza, per le famiglie distrutte, per gli ospedali ridotti a brandelli, per i giornalisti ammazzati.