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Senza anima né cuore, una lezione che brucia ma che abbiamo meritato

Boom! E' tutto esploso. Tutto finito. Talmente fragile da durare appena un attimo, il tempo di illudersi che qualcosa, finalmente, potesse accadere. Non era così e lo abbiamo capito tardi, increduli.

Senza anima né cuore, una lezione che brucia ma che abbiamo meritato

Di: Redazione Sardegna Live


Boom! E' tutto esploso. Tutto finito. Talmente fragile da durare appena un attimo, il tempo di illudersi che qualcosa, finalmente, potesse accadere. Non era così e lo abbiamo capito tardi, increduli.

Questa Nazionale era una bolla di sapone esposta ai venti, al sole e alla pioggia di una terra dove il calcio è il sospiro dell'anima e la danza del cuore e se non hai cuore, se non hai anima, il calcio ti soffoca e ti mette da parte.

Non abbiamo avuto cuore, noi, non abbiamo avuto anima. Siamo partiti con il petto in fuori di chi sa di sè, convinti di stupire il mondo con un gioco nuovo che avrebbe fatto invidia a tanti. Ci siamo sentiti forti come non succedeva da anni. "Era ora", dicevamo soddisfatti dopo l'impresa di Manaus che i titoli sensazionalistici delle testate nazionali volevano consegnare alla storia. E' durato tutto troppo poco. Torniamo a casa piccoli piccoli, col viso rosso e gli occhi gonfi mentre volano parole dure e saltano poltrone pesanti in uno spogliatoio carico di leoni feriti e promesse mancate.

Non ci sono alibi, non ci sono attenuanti. Non sono stati il caldo, né l'umidità di Recife e nemmeno l'arbitro Moreno (ancora) a farci scendere in anticipo dalla giostra di questo Luna park di luci e colori che ci ha messo a testa in giù denudandoci e facendoci venire il capogiro. Non ci giustificano i morsi di uno scimmiesco Suarez riguardo al quale, comunque, sorge spontaneo il dubbio che la darwiniana teoria dell'evoluzione della specie non abbia seguito il giusto corso. 

A Natal, per anni, si racconterà che in un tropicale mezzogiorno brasiliano la Regina Azzurra è stata cacciata via dagli indiani Charrùa che con le unghie e con i denti hanno difeso la maglia. I nostri uomini, paonazzi e impauriti, sono arretrati piano piano verso una disfatta quanto mai meritata e il nostro Cesare ha gettato le armi sul campo di battaglia che è stato fatale alla sua spedizione.

Si torna a casa, si torna a Roma. Da lì, un giorno, partiranno altri cesari, altri uomini. Da lì, un giorno, partirà il cuore che stavolta abbiamo dimenticato.

 

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