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Articolo 18: propaganda o diversivo?

La professoressa Fornero, ministro del governo Monti, è divenuta “tristemente” nota per la riforma delle pensioni. Una riforma che ha condannato migliaia di lavoratori, convinti di aver raggiunto la soglia pensionistica, a rinviare i loro propositi di riposo dopo anni di sudato lavoro.

Articolo 18: propaganda o diversivo?

Di: Redazione Sardegna Live


La professoressa Fornero, ministro del governo Monti, è divenuta “tristemente” nota per la riforma delle pensioni. Una riforma che ha condannato migliaia di lavoratori, convinti di aver raggiunto la soglia pensionistica, a rinviare i loro propositi di riposo dopo anni di sudato lavoro.

Il mio carissimo amico Luigi, rappresentante, dall'alto dei suoi 61 anni di età, 5 milioni di km percorsi in ogni dove della Sardegna e più di 40 anni di onorato servizio (resi a cercare di accontentare migliaia di clienti più o meno rompiscatole) già si sfregava le mani pensando di essere ormai giunto al giorno in cui poteva andare con la moglie a cercar funghi durante la settimana. Ed invece, quando Elsa è giunta sulla poltronissima del ministero del lavoro, i progetti di riposo di Luigi sono improvvisamente svaniti. Per lui se ne riparlerà alla veneranda età di 67 anni almeno.

Eppure la nostra eroina non si è limitata a rinviare i propositi di meritato riposo di tanti lavoratori, (propositi che come si può immaginare hanno chiuso le porte a giovanotti aitanti, tanto desiderosi di entrare nel mondo del lavoro in sostituzione degli aspiranti pensionati delusi), ma ha fatto qualcosa che quando i cavalieri della tavola rotonda di Arcore qualche anno fa provarono solo ad accennare, si scatenò l'ira furibonda di tutti gli eserciti della sinistra. Le truppe dei sindacati allora scesero in piazza, incitati dai pennivendoli armigeri, perché a loro dire era in pericolo l'unica tutela dei lavoratori italiani: l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. 

Un articolo che allora prevedeva un unica sanzione per il licenziamento illegittimo: la reintegra nel posto di lavoro con tutte le sue conseguenze. Attenzione perché per i non addetti ai lavori l'art. 18 non è di semplice comprensione, soprattutto da quando la Fornero, con la legge 92 del 2012, lo ha profondamente modificato inserendo 4 sanzioni per i licenziamenti illegittimi, al posto dell'unica preesistente.

Nel silenzio dei sindacati e delle altre truppe a disposizione della sinistra italiana infatti, la Fornero è riuscita laddove Berlusca non ha potuto neppure iniziare a parlare. Oggi la reintegra, cosi come l'abbiamo conosciuta per 42 anni, è rimasta solo per pochi casi specifici fra i quali i licenziamenti discriminatori. Quelli cioè conseguenti a motivazioni di sesso, razza, gusti sessuali e cosi via. Per gli altri sono state inserite sanzioni attraverso le quali il giudice dovrà decidere per un indennizzo al posto della reintegra.

Cosi, per esempio, nel caso di una procedura non corretta nell'applicare un licenziamento, con la legge Fornero sopra citata non vi sarà più nessuna reintegra ma solo un indennizzo che può arrivare ad un massimo di 6 mensilità. Cosi come, se in passato il giudice, pur riconoscendo che il fatto posto alla base del licenziamento era sussistente, poteva ritenere che esso non fosse proporzionale all'infrazione commessa dal lavoratore e reintegrarlo nel posto di lavoro, oggi non è più possibile, dovendo egli assegnare al lavoratore solo una indennità che a seconda dei casi si aggira tra le 12 ed un massimo di 24 mensilità.

Inoltre Elsa ha voluto evitare che i ritardi della giustizia si ripercuotessero ancora sulle imprese. Con il vecchio art. 18 infatti se una causa di lavoro perdurava per 8 anni il datore di lavoro in caso di condanna era costretto, oltre riammettere il lavoratore in azienda, a pagargli tutti gli stipendi arretrati ed al versamento dei contributi previdenziali per tutto il tempo trascorso comprensivi di sanzioni e interessi.

Una vera mannaia anche per le aziende non in difficoltà economiche.  Una mannaia che oggi non c'è più perché la professoressa ha deciso che pure nei casi in cui è prevista la reintegra (esempio se il fatto è insussistente), il datore di lavoro debba pagare quale risarcimento del danno un massimo di 12 mensilità. Insomma una vera rivoluzione che i cavalieri di Re Silvio Artù non sono riusciti neppure a proporre, mentre la minuta Elsa, protetta dalle alabarde del PD in appoggio esterno al governo montiano, ha potuto zitta zitta

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