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Dodici autori, dodici carcerati, dodici storie. “La cella di Gaudì” è il risultato del progetto Adotta una storia proposto dall’associazione culturale Il Colle Verde, un’interessante iniziativa che ha coinvolto dodici autori in un confronto con i detenuti della colonia penale di Isili. Il libro, presentato ieri pomeriggio all’Università di Cagliari (Facoltà di Studi Umanistici), è pubblicato dalla casa editrice Arkadia. Gli autori (Salvatore Bandinu, Michela Capone, Giampaolo Cassitta, Fabrizio Fenu, Michele Pio Ledda, Savina Dolores Massa, Paolo Maccioni, Nicolò Migheli, Anthony Muroni, Claudia Musio, Pietro Picciau, Gianni Zanata) e l’editore (Riccardo Mostallino Murgia) hanno aderito gratuitamente e il ricavato sarà devoluto al fondo per i figli dei detenuti. Presenti all’incontro: Gianni Zanata, Michele Pio Ledda e Nicolò Migheli, fra gli autori, e Gueorgui Ivanov Borissov, uno degli otto detenuti stranieri che hanno dato voce alle storie. La moderatrice dell’incontro, Valeria Putzolu, responsabile dell’area educativa, ci spiega brevemente l’organizzazione della colonia penale. Il carcere si trova in campagna e gode di una struttura agricola in cui i detenuti hanno la possibilità di imparare un mestiere: “un’opportunità di crescita personale e di rivalutazione del proprio percorso”. Sono circa trentaquattro le nazionalità rappresentate, molti gli immigrati clandestini. I detenuti possono partecipare a corsi scolastici (fino alla terza media), corsi professionali e attività ricreative. Non mancano le occasioni per imparare, crescere e conoscere, ma il carcere, si sa, è un mondo complicato ed « è triste pensare che per molti di loro non ci sarà un futuro », dice ancora la Putzolu. « È tanta la voglia di raccontarsi » , e il progetto è proprio questo: un’occasione per dire qualcosa, per raccontare sé stessi. Non il carcere, ma la vita, quella vera, quella fuori.
Serie ed importanti le considerazioni degli autori, ma sono soprattutto le parole di Gueorgui Ivanov Borissov a catturare l’attenzione. Lui è uno dei detenuti che ha partecipato al progetto, è una di quelle storie, una di quelle voci. Gueorgui è bulgaro, ma parla un buon italiano e si esprime in maniera semplice, ma diretta ed efficace: « Venticinque anni fa ero come voi: studente. Ora sono qua, un prigioniero ». Racconta di come sia stato difficile parlare di sé, della sua vita. Confessa che all’inizio voleva mentire perché “tanto non mi conoscono, non sanno niente di me”. Invece poi prevale il desiderio di leggere il suo nome e incidere la sua storia: « Tutti abbiamo le nostre vite, ma quando ti ricapita di vederla scritta nero su bianco? Il mio nome. La mia vita! ».
La stesura delle storie è avvenuta in poco tempo, poche settimane, nel corso delle quali Gueorgui si chiedeva quanto di lui ci sarebbe stato in quel racconto, nelle parole di un autore che neanche conosceva. « Quando l’ho letto, ho visto la mia vita attraverso gli occhi di un’altra persona. Sono sicuro di essere io. Non sono sicuro di piacermi… ».
Nella prefazione di Marcello Fois leggiamo: “Dove ci sono persone, ci sono storie&