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Semih Kilicsoy è l'uomo del momento in casa Cagliari. Dopo un avvio di stagione offuscato da interrogativi e da tanta panchina, per l'attaccante turco si sono aperte le porte della titolarità grazie a una serie di defezioni che hanno quasi costretto Fabio Pisacane a gettarlo nella mischia.
E lui ha risposto nel migliore dei modi: in due gare da titolare ha siglato due gol da urlo regalando al Cagliari 4 punti, che con un po' più di attenzione potevano essere 6. Un mini filotto che ha proiettato i rossoblù in una situazione di classifica al momento rassicurante, anche se rimane ancora tanto da fare.
Quando la tattica incarta il talento
La riflessione principale va proprio su questo paradosso: un attaccante di appena vent'anni, talentuoso e ora decisivo, che trova davanti a sé un muro fatto di dettami tattici e rigide posizioni di pensiero. Questa, chiariamo, non vuole essere una critica diretta esclusivamente al tecnico del Cagliari, ma a tutti quegli allenatori che per austere convinzioni personali disperdono il talento in virtù di un più ampia - ma spesso inefficace - visione collettiva.
Non vuole essere neanche un discorso totalizzante: comprensibile il tempo di adattamento e sacrosanta la necessità da parte dell'allenatore di far ambientare un ragazzo in un gruppo, un campionato e una cultura nuovi. Talvolta succede che il talento non basta e subentrano altri fattori, il più delle volte psicologici. Ma prima di trarre conclusioni affrettate è necessario che quello stesso talento abbia la possibilità di esplodere sul campo da gioco. Solo l'adrenalina della competizione può svelare realmente le qualità celate.
Sembra proprio il caso di Kilicsoy, arrivato in Italia con proclami da "wonder boy" del calcio turco, ma fino a poche settimane fa oggetto misterioso. Lo stesso Pisacane, nel post partita di Torino-Cagliari, lo ha raccontato così: "Quello che fa in allenamento negli spazi stretti è roba da circo. Penso di avere tra le mani un grandissimo talento". Ma poi specifica: "In partita, però, è diverso".
Eppure è la partita stessa, quella che lo ha visto in campo dal primo minuto, a rivelare al calcio italiano il talento dell'ex Besiktas. Prima a Cagliari col Pisa, adesso a Torino coi granata. Due perle di rara bellezza: nel pareggio casalingo un destro potente e preciso dal limite dell'area, oggi un'azione magistrale partita da centrocampo e terminata con la palle in rete dopo aver portato a spasso mezza difesa torinista.
Un impatto travolgente
Tutto il repertorio in due episodi decisivi: classe e potenza, rapidità e imprevedibilità. Il commento lo lasciamo ai compagni sul gol del 1-2: "What a player! (Che giocatore!)", "You are crazy! (Sei matto!)", "Ma che ca**o sei oh!". Sono increduli anche loro mentre si stringono in un abbraccio collettivo dopo la prodezza col Torino.
Tutto questo, probabilmente, non sarebbe stato possibile senza le assenze dapprima di Belotti e poi anche di Borrelli, che certo, quando chiamati in causa hanno risposto presente. Col senno di poi possiamo tuttavia dire che il turco avrebbe meritato più fiducia; non per forza la titolarità, ma uno spazio fra i protagonisti. Se lo è preso comunque, con pazienza e caparbietà.
Ora che Kilicsoy si è abbattuto come un uragano sulla Serie A servirà però pazienza: sbaglierà, come tutti, cadrà e se accompagnato si rialzerà, ma si può rimanere indifferenti davanti a un talento così cristallino. La sua classe sarà utile al Cagliari nella lunga corsa alla salvezza, e gli ultimi punti pesanti portano la sua firma incisa sulla roccia. Benvenuto, Semih: adesso divertiti, e divertici.

